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Internazionalizzazione delle imprese: il Governo dà il via libera

Prima della pausa estiva è proceduta a ritmo serrato l’approvazione dei decreti attuativi della delega di Riforma Fiscale. Il via libera da parte del Governo sulla norma che mette mano all’internazionalizzazione delle imprese è perciò stato ottenuto e contiene le rivisitazioni che la commissione parlamentare aveva proposto di introdurre. Si parla di un decreto che prevede una serie di semplificazioni e di incentivi per le imprese estere che hanno intenzione di investire in Italia, ma anche per le aziende italiane che mirano ad internazionalizzare la loro attività di business.

Internazionalizzazione delle imprese: il contenuto della Riforma

Con questo provvedimento il Governo mira a rendere il Fisco sempre più vicino alle imprese che vogliono internazionalizzare e che hanno la necessità di contare sulla certezza del diritto nell’ambito delle operazioni transfrontaliere. A questo proposito le misure prevedono il rafforzamento del ruling internazionale, gli accordi preventivi con il Fisco sul fronte dei prezzi di trasferimento per quelle imprese che investono sia all’estero sia in Italia, l’attribuzione di utili e di perdite all’impresa che si è spostata all’estero o viceversa a un’azienda straniera che ha spostato in Italia alcune sue unità produttive.

In termini pratici queste misure mirano a rendere sì il Fisco più amico delle imprese che desiderano ampliare la loro attività di business, ma al tempo stesso mette nero su bianco delle condizioni e delle norme più chiare per far sì che un’impresa non abbia modo di “giocare” con le norme dei vari Paesi con l’unico obiettivo di pagare meno tasse.

E poi c’è la misura dell’interpello. In questo caso parliamo di una norma che introduce una simil consulenza che il Fisco italiano mette a disposizione delle imprese che volessero investire nel Belpaese: si tratta di una possibilità di cui possono far uso quelle realtà che hanno in progetto investimenti per almeno 30 milioni di euro e può riguardare persino la ristrutturazione di aziende in crisi. In questa fattispecie l’azienda interessata dovrà redigere un business plan da girare all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate. Questa, a sua volta, risponderà entro 120 giorni prorogabili al massimo di altri 90 giorni nel caso in cui dovesse sorgere la necessità di avere ulteriori informazioni.

Rientro dei cervelli in fuga: ecco come si è intervenuti

Una buona parte del provvedimento è altresì intervenuta sul cosiddetto “rientro dei cervelli in fuga”. Le norme prevedono che i lavoratori produttori di reddito in Italia e che trasferiscono qui la loro residenza, abbiano diritto a ricevere una riduzione dell’imponibile nella misura del 30% per un periodo massimo di tre anni. Si tratta di un’opportunità resa tale per i lavoratori qualificati in possesso di laurea e di alta specializzazione che nei cinque anni precedenti hanno avuto un’esperienza di lavoro all’estero; ma spunta anche un decreto del ministero delle Finanze tramite il quale si mira ad individuare competenze ed esperienza scientifica di top manager e di cittadini comunitari con lo scopo di farli rientrare nell’iniziativa di agevolazione fiscale.

Riforma fiscale e internazionalizzazione, ma non solo: gli scenari futuri

Il decreto sull’internazionalizzazione, come spiegato da una nota del Consiglio dei Ministri, è stato voluto per “rafforzare il ruolo che il Fisco deve svolgere a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese: ridurre i vincoli alle operazioni transfrontaliere e creare un quadro normativo quanto più certo e trasparente per gli investitori”. Questo step porta allo stato di conclusione della delega sulla Riforma Fiscale. Non molti giorni fa il CdM aveva infatti dato il via libera ad altri decreti attuativi di primo piano come ad esempio la certezza del diritto e la fatturazione elettronica.

Parliamo di misure che mirano sostanzialmente ad agevolare lo slancio produttivo di un’azienda italiana verso paesi esteri, ma anche di attirare sempre più delle realtà che nascono all’estero ma che per qualche ragione trovano interesse nell’inaugurare poli produttivi nel nostro Paese. Il rientro dei cervelli in fuga, dal canto suo, non fa che muoversi in questa direzione: tentare quanto più di convogliare in Italia non solo le aziende, non solo i capitali, ma anche le competenze e le eccellenze intellettuali che sono parte del nostro territorio.

Ma tutto ciò non basta. Il prossimo step a cui il Governo dovrebbe metter mano – e che secondo le promesse del premier Renzi ha intenzione di attuare quanto prima – non può esimersi dal chiamare in causa il discorso “tasse e burocrazia”. Le norme italiane sono troppe e anche di difficile interpretazione, mentre i costi necessari per investire risultano sempre più impensabili agli occhi di un Paese che vuol invece abbracciare lo sviluppo economico, la crescita e l’aumento dell’occupazione. Interventi proiettati sulla riduzione della burocrazia e sul taglio netto delle tasse a carico di imprese e lavoratori sono passi imprescindibili per riportare il Paese in carreggiata e fungono come naturale evoluzione della Riforma Fiscale appena approvata.

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