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Business, Made in Italy varca i confini. Crescono multinazionali estere in Italia

industria

L’Italia è un paese di conquista per le multinazionali estere. Dal 2013 la crescita è stata del 3%, con un aumento del numero degli occupati pari al 4.7%. A mettere radici in Italia sono per lo più le imprese dell’Unione europea, ed in secondo luogo anche quelle statunitensi.

E queste nuove realtà, al contrario di quanto sono soliti fare gli imprenditori italiani, tendono ad impiegare molte più risorse in Ricerca & Sviluppo: circa 3 miliardi di euro con un aumento del 10.6% rispetto al 2013. Rispetto a tre anni fa, il numero di controllate straniere in Italia è in crescita di 404 unità. Non considerando i servizi finanziari, il loro fatturato si aggira attorno ai 524 miliardi di euro (+6.2%), mentre il valore aggiunto si attesta a quota 97 miliardi circa (+5.1%).

Ma anche l’Italia sembra intenzionata a crescere nel mondo. Nel 2014, le imprese italiane che hanno provato a cercare fortuna all’estero hanno fatturato il 15.2% rispetto al totale prodotto dalle imprese nazionali. Una quota che sale peraltro al 18.7% al netto degli acquisti di beni e servizi. Ma come si traduce tutto questo spostamento di risorse da un paese all’altro in termini di addetti?

Per quanto riguarda gli addetti, i paesi che registrano un netto incremento di imprese italiane sono Brasile (17mila nuove unità in un anno), Stati Uniti (+14mila) e Cina (+9mila). Per quale ragione allora gli italiani investono sempre più all’estero? La ragione principale è dettata dal desiderio di provare ad accedere a nuovi mercati. Inoltre vengono considerati determinanti in fase di scelta anche due altri fattori: l’incremento della qualità o la creazione di nuovi prodotti, e l’accesso a conoscenze nuove o a competenze tecniche specializzate.

Infine, non passa certo inosservato il fatturato esportato verso l’Italia dalle controllate italiane all’estero (operanti nel solo campo del Made in Italy): 46.2% per le industrie tessili e di confezionamento di articoli di abbigliamento e 41.7% per la fabbricazione di articoli in pelle.

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