Monti sotto pressione e lo spread torna a fare paura

Monti sembra aver perso quella sicurezza che ha caratterizzato i primi mesi del suo mandato. Ora la sua strada si complica (e non poco) visto che tutti i sacrifici chiesti agli italiani fino ad ora non sembrano essere serviti a molto visto che lo spread è tornato a lambire la pericolosa soglia psicologica dei 500 punti base. Tuttavia passi significativi sono stati fatti. Il rigore voluto da Monti ci ha permesso di tornare a ricoprire un ruolo a livello internazionale adeguato al peso della terza economia dell’eurozona. Tuttavia gli obiettivi del premier non sono stati centrati specialmente per quanto riguarda la tanto discussa manovra sul mercato del lavoro che, secondo lo stesso Monti, avrebbe dovuto far scendere lo spread sotto quota 300 punti. Ora che la Spagna è già dovuta ricorrere agli aiuti dell’Europa per salvare le sue banche l’attenzione internazionale è tutta sul nostro premier che continua a perdere consensi interni indebolendo la sua leadership e il peso sui partiti.

Secondo il Wall Street Journal l’economia italiana, viste le sue dimensioni, sarebbe troppo grande da salvare. I rendimenti dei nostri titoli di stato continuano ad aumentare e questa non è una bella notizia visto che dobbiamo rinnovare ancora la metà del debito in scadenza quest’anno. Che stia aumentando la tensione sul nostro premier emerge anche da un’altro fatto accaduto ieri.

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Italia sotto attacco, dopo tocca alla Francia

Anche ieri Piazza Affari ha vissuto un’altra giornata di passione arrivando a perdere anche il 2% (la giornata è stata chiusa a -0.70%, unica tra le principali paizze europee a chiudere rossa) e con lo spread che è tornato in prossimità dei 500 punti base. Insomma archiviato, si fa per dire, il problema Spagna ecco che ora tocca di nuovo all’Italia vivere momenti di passione sui mercati finanziari. Certo, anche la stessa Spagna non è che se la passi così bene visto che lo spread resta comunque altissimo (528 punti base) così come i rendimenti sui propri titoli di stato.Certo qualcuno potrà dire che ce lo siamo meritato (e in parte è vero) per via della recessione che sta colpendo il nostro paese con le aziende che continuano a chiudere e la disoccupazione che continua a crescere. Tuttavia è proprio questo accanimento “in sequenza” che lascia senza parole, si passa dal prendere di mira un paese alla volta mettendolo in ginocchio sul fronte finanziario fino a che non è costretto a chiedere aiuti all’Europa o all’FMI.

Così qualcuno già comincia a pensare a chi toccherà dopo l’Italia e visto che si prendono di mira paesi con un’economia sempre più grande appare evidente che l’obiettivo successivo sarà la Francia del neo presidente Hollande. Ma quello che mette più paura di questa Europa è proprio la sua fragilità il non saper essere unita e coesa nel difendere gli interessi prima di quelli individuali.

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Quanto costa alla Germania uscire dall’euro?

Prendiamo spunto dall’articolo pubblicato sul quotidiano tedesco Die Welt (e opportunamente tradotto dal puntuale vocidallagermania.blogspot.it) per provare a fare 2 conti in tasca alla Germania così da capire quanto costerebbe al paese tedesco un’eventuale ritorno al Marco sia in caso di uscita spontanea dall’euro che in seguito ad un inasprimento della crisi e conseguente dissoluzione della moneta unica. Già perchè la Germania viene definita come il paese guida dell’economia dell’Europa, come il paese infallibile che solo grazie a suoi meriti è apparantemente immune dalla crisi economica. Insomma un paese così perfetto dal punto di vista economico non dovrebbe subire grossi traumi nel caso di un ritorno alla propria valuta nazionale. Purtroppo la realtà delle cose è tutt’altra e chi pensa che la Germania possa essere davvero il porto sicuro dell’Eurozona non solo si sbaglia di grosso ma non può che capire poco di economia.

Certo, questa affermazione buttata li così ha davvero poco senso. Cerchiamo, quindi, di sviluppare un ragionamento che ci aiuti a comprendere perchè la Germania non sarà immune in caso di deflagrazione della moneta unica. Per fare ciò ci baseremo sui dati resi pubblici dal quotidiano tedesco che non si discotano di molto da quelli già diffusi da altri economisti di spicco.

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Dove comprano casa tedeschi, inglesi e francesi?

Ipotizzando lo scenario peggiore di uscita dala crisi, ossia la fine dell’euro e il ritorno alla lira, si parla sempre di dove converrebbe comprare casa all’estero per tutelare i propri risparmi. Noi, invece, vogliamo andare contro corrente e ragionare su dove converrebbe comprare casa in Italia qualora si dovesse tornare alla vecchia valuta nazionale. Se questo scenario dovesse verificarsi (cosa che speriamo non avvenga) l’Italia potrebbe subire una forte svalutazione del mercato immobiliare facendo tornare l’interesse degli investitori stranieri da sempre attirati dal fascino delle bellezze del nostro paese. Conoscere quali siano le zone più ambite dagli stranieri potrebbe rappresentare un indubbio vantaggio per fare ottimi affari. Partendo dal report realizzato dagli analisti di immobiliare.it è possibile scoprire dove si concentra l’attenzione di inglesi, tedeschi e francesi per i nostri immobili.

Il tutto senza dimenticarsi dei Russi che da qualche anno a questa parte si stanno interessando in maniera molto forte al nostro mercato immobiliare (anche se tale interesse è scemato negli ultimi 7-8 mesi, ossia da quando la crisi europea ha preso la strada che tutti noi conosciamo). Insomma cerchiamo di capire dove si concetra l’interesse degli investitori stranieri così da investire al meglio nel nostro patrimonio immobiliare.

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Quanto rischia l’Italia?

Ieri è stata una giornata altalenante in borsa con le principali piazze europee che hanno chiuso leggermente in calo dopo un avvio spumeggiante in mattinata. Tutte tranne Piazza Affari che dopo un avvio positivo ha voltato pagina per chiudere profondamente rossa (il FTSE Mib ha perso quasi il 3%). Di fatto i principali media sono già partiti all’attacco sostenendo che il nostro paese sarà il prossimo a dover ricorrere agli aiuti finanziari. Di fatto, secondo i principali media, archiviato il caso Spagna il contagio toccherà all’Italia che sarà costretta a ricorrere agli aiuti finanziaridell’Europa o dell’FMI. Qualsiasi persona di buon senso si renderà conto che tutto ciò non corrisponde al vero e che nel ragionamento c’è più di qualcosa che non quadra.

Per prima cosa non si può archiviare il caso Spagna perchè non si è risolto un bel nulla ma, al limite, si è guadagnato un po di tempo. Le banche rappresentano solo uno dei problemi della Spagna, un paese con oltre il 50% di disoccupazione giovanile, con una bolla immobiliare che ha fatto scendere i rendimenti delle case di nuova costruzione di oltre il 20% nel corso degli ultimi 3 anni e ora, grazie ai 100 miliardi di aiuti finanziari, con un rapporto debito/pil pari al 100%.

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Il “non salvataggio” della Spagna

Come abbiamo detto l’Europa è pronta a garantire aiuti finanziari alla Spagna per circa 100 miliardi di euro così da permetterle di sostenere il proprio sistema bancario che, al momento, si trova in grandissima difficoltà. Tuttavia l’imperativo sembra quello di non parlare di salvataggio ma di un finanziamento agevolato. In realtà, nonostante la reazione dei mercati finanziari, la situazione della Spagna resta molto, molto grave sotto tutti i punti di vista. Basti pensare al comportamento del governo spagnolo negli ultimi mesi. Per settimane venivano smentite le voci di un eventuale salvataggio di Bankia, il terzo istituto di credito del paese, salvo poi intervenire con ben 19 miliardi. Stessa cosa è accaduta per la richiesta di aiuti all’UE. Fino a qualche giorno Mariano Rajoy, il premier del paese, continuava a ripetere che la Spagna non aveva bisogno di aiuti finanziari salvo poi smentirsi per l’ennesima volta proprio sabato scorso.

Insomma, va bene mantenere il riserbo su questioni così importanti specialmente a mercati aperti ma questo comportamento porta ad una inevitabile perdita di credibilità del governo spagnolo. Quello che più ci preoccupa, a dir la verità, è che con questi 100 miliardi si sia solo all’inizio. Chi ci garantisce che di soldi non ne servano molti di più?

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