Bene Asta Btp, oggi attesa per LTRO

Ieri mattina si è conclusa in maniera positiva l’asta dei BTP in programma. A differenza di quella di lunedì, dove sono stati collocati titoli con scadenza di breve periodo, l’asta di ieri era un appuntamento particolarmente atteso dagli analisti per capire fino a che punto il mercato fosse pronto a fidarsi del nostro paese. I titoli oggetto dell’asta, infatti, erano BTP con scadenza a 5 e 10 anni. In entrambi i casi la richiesta è stata maggiore dell’offerta in particolare per il btp a 10 anni dove sono stati piazzati circa 3,75 miliardi ma con richieste superiori ai 5 miliardi di euro. I rendimenti sono scesi al 4,19%, per il titolo a 5 anni, e al 5,5% per quello a 10. Insomma si allenta la tensione sul nostro debito pubblico anche se non come sarebbe stato lecito aspettarsi. Lo spread, ad esempio, è sceso di pochissimo per poi stabilizzarsi a quota 354 punti base e, a dir la verità, anche sui rendimenti dei titoli (seppur in discesa) ci si sarebbe aspettato qualcosa in più.

Il problema sembra essere ora la profonda incertezza che continua ad aleggiare in Europa. Da un lato ci sono ancora molti problemi irrisolti legati alla Grecia, dall’altro pesa anche l’incertezza sull’andamento dell’asta in cui la BCE offrirà agli istituti di credito europei una montagna di liquidità ad un costo davvero molto basso, ossia l’1%.

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Cariparma: 2,5 miliardi per i mutui casa

Oggi vogliamo segnalare una nuova interessante novità che potrebbe interessare tutti coloro siano in procinto di acquistare un immobile. Il gruppo Cariparma Credit Agricole, infatti, ha deciso di lanciare una nuova offerta per i mutui casa stanziando la bellezza di 2,5 miliardi di euro destinati alle famiglie. Significative le parole del direttore Marketing Retail del Gruppo, Nicola Generani, che ha sottolineato che “il mutuo rappresenta una scelta strategica di vicinanza alle famiglie italiane nel progetto più importante per una famiglia ovvero l’acquisto della casa“. Un segnale in forte controtendenza rispetto all’andamento del mercato che, come abbiamo più volte segnalato negli ultimi mesi, sta vivendo delle fasi molto incerte. Le banche, infatti, hanno “chiuso i rubinetti” aumentando lo spread applicato ai mutui e rendendo più severe le garanzie richieste per ottenere il credito.

Cariparma, invece, sembra voler andare in controtendenza anche in questo proponendo mutui casa con la possibilità di finanziare fino all’80% del valore di mercato dell’immobile (e una durata massima di 30 anni) a tassi di interesse particolarmente interessanti rispetto a quelli proposti oggi sul mercato.

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Dopo la Grecia è allarme Ungheria

Abbiamo più volte parlato della crisi europea del debito e di come la Grecia non sia l’unico problema per l’economia dell’Unione Europea. Pochi giorni fa ricordavamo del caso del Portogallo, altro paese a rischio, che sta facendo di tutto per evitare di trovarsi nella stessa situazione del paese ellenico. Ma ad aggiungersi ad i casi “noti” arriva un altro paese: l’Ungheria. L’ungheria è un paese che non fa parte dell’eurozona ma la sua crisi è talmente violenta che rischia di diventare un boomerang per l’intera Europa con ripercussioni gravissime per tutte le aziende che hanno investito in questo paese. La crisi in Ungheria è talmente grave che è l’unica nazione Europea ad aver visto fallire definitivamente la propria compagnia aerea di bandiera. Un caso unico, al momento, che rispecchia a pieno la situazione dell’economia in genere provocata dall’attuale congiuntura economica e da scelte politiche errate.

Seppur l’economia ungherese non sia di dimensioni importanti gli effetti di un eventuale default del paese sarebbero gravissimi per tutto il vecchio continente. Basti pensare alla nostra Unicredit, il più importante gruppo bancario italiano insieme a Intesa, che è presente in maniera massiccia nel paese e potrebbe ricevere un durissimo colpo da un eventuale default.

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Italia: stipendi tra i più bassi d’Europa

Brutte notizie per il nostro paese che esce malissimo dal recente rapporto “Labour market statics” realizzato elaborando i dati Eurostat. Secondo questo rapporto, che ha preso in esame gli stipendi medi dei lavoratori dei paesi europei, l’Italia vanta gli stipendi tra i più bassi di tutta Europa. Dietro a noi si posizionano solo Malta, Slovacchia, Slovenia e Portogallo. Insomma siamo messi peggio perfino della Grecia che in questi giorni ha dovuto varare una serie di misure di austerity pesantissime per poter accedere agli aiuti internazionali ed evitare (per il momento) il default. A onor del vero bisogna sottolineare che i dati in questione si riferiscono al 2009 ma c’è da scommettere che la situazione, a distanza di 2 anni, non sia cambiata di molto. Il motivo principale di questo risultato “drammatico” è l’elevata tassazione che colpisce i ceti medio bassi ma, anche, la bassa crescita degli stipendi (in ben 5 anni gli stipendi italiani sono aumentati del 3,3% contro il 10 della Francia e il 16 del Lussemburgo).

Insomma, per il momento dobbiamo rassegnarci: i lavoratori italiani sono tra i meno pagati di tutta Europa nonostante siano in molti a lamentarsi degli eccessivi costi del lavoro in Italia. Pensiamo, principalmente, a quegli industriali che minacciano di chiudere le fabbriche in Italia per andare a lavorare all’estero dove i costi legati al lavoro sono inferiori.

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Fiaip: in calo il mercato immobiliare

Anche la Fiaip (la Federazione Italiana degli Agenti Immobiliari Professionali) lancia l’allarme sullo stato di salute del nostro mercato immobiliare. Secondo la federazione degli agenti immobiliari, infatti, nel 2011 le compravendite immobiliari sono calate del 5,94% rispetto al 2010. Da sottolineare anche che nello stesso periodo abbiamo assistito ad un ribasso medio del 7% delle quotazioni degli immobili. Un dato estremamente negativo che conferma, ancora una volta, il momento di difficoltà attraversato dal settore immobiliare nel nostro paese. Secondo il report della Fiaip gran parte delle cause di questo brusco calo sarebbero da imputare alla stretta creditizia che ha reso molto più difficile e costoso riuscire ad ottenere un mutuo per l’acquisto della casa. In più c’è da considerare anche l’incognita IMU, che potrebbe aver scoraggiato una percentuale dei piccoli acquirenti.

Insomma una situazione estremamente complessa, quella fotografata dalla federazione degli agenti immobiliari, che sottolinea, anche, il momento di difficoltà che stanno attraversando le agenzie costrette a dover lavorare su margini sempre più bassi perchè si vendono meno case. Inoltre, stando ai dati diffusi, si è allungato notevolmente il tempo trascorso tra la presa in carico della vendita di un immobile e la data di sottoscrizione del contratto preliminare che si attesta intorno ad una media di 6-9 mesi.

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La ripresa dell’Islanda: un miraggio per la Grecia?

Negli ultimi tempi sono diversi i Paesi che hanno subito un downgrade da parte delle agenzie di rating. Tra i principali troviamo quelli di Moody’s che due settimane fa ha tagliato il rating di Spagna, Portogallo, Italia, Slovenia, Malta e Slovacchia – tutti questi Paesi hanno dovuto indietreggiare di un gradino nel proprio rating. L’agenzia americana non ha risparmiato nemmeno Austria, Francia e Gran Bretagna che sono state messe sotto osservazione con outlook negativo. Non è difficile immaginare le conseguenze di questi tagli sull’andamento dei mercati finanziari europei e del trading in generale. In netta controtendenza l’Islanda guadagna invece una promozione del proprio rating di debito, sia da Moody’s sia da un’altra agenzia, Fitch, passando recentemente da BB+ a BBB-. Un portavoce di Fitch ha dichiarato che l’Islanda ha fatto passi da gigante nel “ristrutturare la stabilità macroeconomica” e che la “reazione politico economica poco ortodossa che è stata attuata a suo tempo, si è dimostrata efficace”.

L’economia dell’Islanda ha vissuto un momento di profonda crisi nel 2008 quando le sue tre maggiori banche si sono trovate con un’ammontare di debiti accumulati pari a ben dieci volte il PIL totale della nazione stessa. Il peso dei debiti era talmente alto da costringere le banche in questione al fallimento, lasciando che fossero i creditori a pagare le conseguenze della crisi debitoria.

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