Redditest: scopri se sei in regola con il fisco

L’evasione fiscale in Italia ha raggiunto livelli inaccettabili che gravano sull’intera comunità e sui conti del paese. Secondo una simulazione effettuata dalla Agenzia delle Entrate circa 4,3 milioni di dichiarazioni dei redditi sono risultate essere incoerenti e oltre 1 milione di famiglie, pur avendo un tenore di vita elevato, dichiara un reddito prossimo allo zero. Ovviamente tutto ciò, specialmente in un contesto di crisi economica che costringe tutti (chi più chi meno) ad effettuare dei sacrifici, è inaccettabile e, sopratutto, non più sostenibile. Perchè se ci sono dei furbi che non pagano dall’altra parte ci sono altri (vedi buste paga e pensionati) che pagano anche per loro.

A questo proposito l’Agenzia delle Entrate ha introdotto, ultimamente, delle novità che hanno fatto molto discutere e che promettono una lotta serrata all’evasione partendo proprio dal principio che si andrà a controllare principalmente i soggetti che risultano avere una situazione incoerente tra spese effettuate e redditi dichiarati.

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Crisi: le aziende USA riducono gli investimenti

Potrà sembrare strano ma le aziende statunitensi, nonostante gli ultimi dati macro economici tutt’altro che pessimi, stanno ridimensionando i propri piani di investimento ad un ritmo molto intenso. Secondo un’analisi del Wall Street Journal le prime 40 aziende quotate in borsa stanno riducendo gli investimenti in attrezzature e software nel terzo trimestre per la prima volta dall’inizio del 2009. Questo rappresenta sicuramente un ottimo parametro per valutare la vitalità economica del settore delle imprese in fase di stallo. Ma oltre a questo c’è anche da segnalare che gli investimenti delle imprese nelle nuove costruzioni sono diminuiti.

Alcuni importanti dirigenti aziendali intervistati dal quotidiano americano sostengono di aver avviato un rallentando nella realizzazione dei grandi progetti per proteggere i profitti dall’andamento negativo della domanda ma, anche, per via della crescente incertezza che ha caratterizzato gli ultimi mesi.

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Continua la recessione nell’Eurozona: preoccupa la Francia

L’Eurozona continua a soffrire dal punto di vista economico: il pil cala per il secondo trimestre consecutivo ed ora si può parlare ufficialmente di recessione. Dopo un primo trimestre a crescita zero, un secondo che ha fatto registrare un -0.2% e il terzo che si è fermato a -0.1% pronunciare la tanto temuta parola “recessione” non è più un tabù. Dal canto suo l’Italia ha fatto registrare il terzo trimestre consecutivo di calo del pil anche se il -0.2% degli ultimi 3 mesi sembra preannunciare un lievo miglioramento. Nel contesto la situazione Europea resta davvero critica visto che ora cominciano a dare i primi grandi segni di cedimento anche quei paesi che si ritenevano potessero essere immuni (o quasi) alla crisi come la Germania o la virtuosa Olanda. In netto peggioramento anche la situazione in Francia che, da molti, viene indicata come il vero e più grande pericolo per la zona Euro. La seconda economia Europea, infatti, non sta attraversando un buon momento storico. Dal 1981 il debito pubblico francese è passato dall’essere il 22% del pil al 90 di oggi.

Ma la debolezza dell’Europa ha già avuto ripercussioni anche sulle altre economie mondiali. Le esportazioni cinesi verso il vecchio continente sono calate bruscamente quest’anno, contribuendo al rallentamento della crescita del paese che, fino ad ora, era stato considerato la locomotiva mondiale.

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Dove si spende di meno per fare la spesa?

La spesa è una delle voci più importanti del budget mensile delle famiglie italiane e, vista l’attuale crisi economica, anche una di quelle più pesanti da sostenere. Analizzando i dati diffusi dall’Osservatorio del Ministero dello Sviluppo Economico è possibile analizzare i prezzi dei generi alimentari al consumo nelle principali città italiane. Così si scopre che, girando il paese in lungo e in largo, i prezzi possono subire variazioni estremamente importanti con picchi anche superiori al 20%. Tanto per fare un esempio una famiglia milanese spende il 24% in più di una famiglia che fa la spesa a Bari. Tuttavia la differenza non è tra nord e sud, o almeno non solo. Napoli, ad esempio, è risultata essere decisamente più cara di Firenze.

I dati riportati nel grafico qui sopra rendono meglio l’idea sulle differenze sostanziali che si possono registrare nelle principali città italiane. Tra le 6 prese in nostra considerazione quella più cara risulta essere Milano, seguita da Roma e subito dopo da Venezia. Bari si è classificata come città meno cara, seguita da Firenze. Napoli, invece, si posiziona esattamente a metà strada con un risultato che risulta essere nella media nazionale.

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Le 10 migliori società al mondo dove lavorare

La classifica delle migliori multinazionali del mondo, realizzata da Great Place to Work, ci permette di analizzare alcuni dati interessanti ed estrapolare una lista delle migliori società del mondo in cui si potrebbe ambire a lavorare. Quello che più dispiace, ovviamente, è che in questa speciale classifica non compaia nemmeno un gruppo italiano (anche se era facile aspettarselo). D’altronde lo studio realizzato da Great Place to Work analizza le 251 multinazionali più importanti del mondo valutando, per ognuna, l’orgoglio per il lavoro da parte dei dipendenti, la fiducia nel management e, non per ultimo, i buoni rapporti con i colleghi. Tutto ciò permette di capire quali siano le aziende che offrono al lavoratore le migliori condizioni per svolgere al meglio la propria attività quotidiana.

Ovviamente non si parla solo di benessere economico, cioè di aziende dove gli stipendi sono più alti rispetto ad altrove, ma di benessere sociale, ossia di quelle aziende che “curano lo stare bene” del lavoratore attraverso una equa retribuzione, elasticità negli orari d’ufficio, l’organizzazione di attività extra lavorative, ecc.

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Crisi: crolla la domanda di mutui e prestiti

Con il dilagare della crisi crollano le richieste di finanziamenti da parte di famiglie e imprese. Se da un lato le banche sono meno propense a concedere l’accesso al credito pur di mantenere alta la propria liquidità dall’altro lato la paura e l’incertezza di un possibile deterioramento dell’attuale situazione economica del nostro paese spinge le famiglie a chiedere sempre meno prestiti e mutui. Per quanto riguarda i primi 10 mesi del 2012 le richieste di mutui sono “crollate” del 44% rispetto al 2011, mentre quelle di prestiti del 5%, sempre su base annua. Insomma sembra che ormai sia venuta meno la fiducia dei cittadini sul fatto che si possa uscire dalla crisi entro breve tempo.

Quello che prevale è, quindi, una gestione prudente del proprio budget (sia esso familiare o aziendale) per non farsi trovare impreparati qualora la situazione dovesse peggiorare. Di conseguenza si richiedono principalmente prestiti di piccola entità (basti pensare che ben il 70% delle domande di finanziamento si concentra su importi inferiori ai 5 mila euro) atti a soddisfare delle necessità immediate.

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