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Calano gli ordini nelle industrie manifatturiere

L’industria manufattoriera italiana è in forte crisi come testimoniano gli ultimi dati sull’indice Pme Markit/Adaci che è ha fatto registrare ad Ottobre un calo di ben 5 punti percentuali rispetto al mese di settembre passando da 48,3 a 43,3. Un calo importante che in molti indicano come segnale più che evidente che la fase di contrazione per la nostra industria è ormai avviata.

Il cattivo stato di salute dell’industria italiana è testimoniato anche dalla contrazione della produzione che continua a scendere a ritmi incessanti tanto da far registrare ad Ottobre il dato più basso degli ultimi 3 anni.

E se cala la produzione significa che è calata ancora di più la domanda, ossia gli ordini che giungono nelle aziende. D’altronde i recenti dati sull’inflazione parlavano chiaro: un’inflazione sopra al 3% in un momento di forte crisi economica (e di conseguenza una forte crisi del mondo del lavoro) non può che generare sfiducia nei consumatori che cercano, in ogni modo, di “stringere la cinta”.

Il tutto accompagnato da giornate di borsa drammatiche come quelle della giornata di ieri non possono altro che innescare una spirale molto pericolosa. Oggi, tuttavia, le principali piazze europee, compresa piazza affari, stanno facendo registrare performance leggermente positive (Piazza Affari dopo un avvio molto buono si attesta ora sul +0,40%) segno che ancora un piccolo barlume di speranza nell’eurozona è rimasto.

Ma i segnali che provengono dall’industria non sono da sottovalutare specialmente per un paese come il nostro dove, da troppo tempo, si investe poco e male e di certo questa situazione non aiuta a invertire la tendenza. Il pericolo è che si possa perdere ulteriormente terreno con i comparti industriali delle altre potenze internazionali perdendo quote di mercato in tutti quei paesi dove, ancora oggi, il made in Italy è simbolo di eccellenza.

E un ulteriore calo della domanda si trasformerebbe, inevitabilmente, in un ulteriore calo dell’occupazione che l’Italia, con il 29% dei giovani senza lavoro, proprio non si può permettere.

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