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Contratto a progetto, addio: stop definitivo dal 2016

A partire dal 1 Gennaio 2016 non possono più essere stipulati dei nuovi contratti a progetto: l’abolizione di questa formula contrattuale con la conseguente trasformazione dei contratti preesistenti in lavoro subordinato è stata decisa dal Jobs Act, la riforma del lavoro varata dal Governo Renzi che tante polemiche ha suscitato nel corso di questi mesi. Più nello specifico, il Jobs Act prevede che non possano più esser stipulati dei nuovi contratti di lavoro a progetto e neanche dei contratti di collaborazione (che consistono in un rapporto di lavoro esclusivamente personale, continuativo e di contenuto ripetitivo organizzato dal datore di lavoro), e che a quelli passati si applichi la stessa identica disciplina prevista per il rapporto di lavoro subordinato.

Contratti a progetto e collaborazioni: cosa cambia a partire dal 2016

Dal 1 Gennaio 2016 non possono più essere attivati dei contratti a progetto e quelli preesistenti verranno, di fatto, trasformati in un normale rapporto di lavoro subordinato. Il contratto a progetto era inizialmente nato come una forma di lavoro cosiddetta parasubordinata, ossia come una formula contrattuale che si proponeva come la via di mezzo per eccellenza tra il lavoro dipendente e quello autonomo. Ma con la nuova disciplina si sono volute sottolineare le differenze tra il lavoro dipendente e quello autonomo liberandosi, in sostanza, di tutte quelle “vie di mezzo” tra cui rientravano appunto anche i contratti a progetto.

Come annunciavamo, a cambiare sono anche i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che esattamente come i contratti a progetto si trasformeranno in rapporti di lavoro subordinato. Tuttavia non proprio tutte le forme di collaborazione saranno coinvolte da questo automatismo, poiché risulteranno escluse dai cambiamenti:

  • le collaborazioni per cui gli accordi collettivi stipulati dalle confederazioni sindacali più importanti prevedono discipline a sé sia sotto un punto di vista normativo che sotto un punto di vista economico, e che lo fanno in ragione di esigenze produttive ed organizzative per forza di cose particolari (perchè magari riguardano uno specifico settore che richiede questa eccezione);
  • le collaborazioni che vengono prestate in virtù di professioni intellettuali e per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
  • le attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai membri di un organo di amministrazione e controllo della società, e dai partecipanti a collegi e commissioni;
  • le prestazioni di lavoro che vengono rese a fini istituzionali a favore di associazioni e organizzazioni sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva regolarmente riconosciuti dal C.O.N.I.

In tutti questi casi, insomma, potrà continuare a rimanere in vita la solita formula del contratto di collaborazione coordinata e continuativa senza far proprie le caratteristiche di un contratto di lavoro subordinato.

Effetti del Jobs Act sul mondo del lavoro

Ma quali effetti ha avuto il Jobs Act sul mondo del lavoro? La trasformazione dei contratti di lavoro in qualche modo precari in contratti a tempo indeterminato viene senz’altro vista come una cosa positiva da gran parte degli istituti di ricerca e degli esperti di settore. Attualmente l’ISTAT parla di una percentuale di occupati che rispetto a Dicembre 2014 cresce senz’altro, ma fotografa anche una situazione in cui a metà 2015 è cominciata a diminuire la percentuale degli attivi. Significa in sostanza che “solo alcuni dei milioni di disoccupati della crisi sono tornati a lavorare, mentre gli altri si sono ritirati dalla forza lavoro”.

L’Osservatorio sul precariato dell’INPS ha inoltre rilevato che la congiuntura favorevole data dalla diminuzione del prezzo del petrolio non ha inciso (come alcuni vorrebbero far credere) su questi dati positivi, ma ha anche ammonito il Governo parlando di un’occupazione in ripresa ma non tanto quanto ci si aspettava: il nodo sta nel vedere se al termine dei tre anni di decontribuzione previsti dal Jobs Act, le aziende tornino ad assumere come ora o se invece i risultati attuali siano stati “drogati” appunto da una misura di questo genere.

Tra cambiamenti positivi e qualche perplessità, in sostanza, il vero effetto del Jobs Act sul mondo del lavoro lo si vedrà solo a partire dal 2018 quando (si presuppone) la decontribuzione per le nuove assunzioni non ci sarà più. Per il momento però, anche la sola trasformazione di contratti precari in contratti di lavoro a tempo indeterminato e la contestuale realtà dei fatti in cui il tempo indeterminato inizia a diventare la formula contrattuale prevalente è, per forza di cose, un fenomeno a cui guardare con molto interesse.

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