Pensioni: ecco i conti più vantagiosi

Entro e non oltre il 29 Febbraio tutti i pensionati che godono di una pensione al di sopra dei 1000 euro dovranno necessariamente aver aperto un conto corrente bancario per poter ritirare i propri soldi. Dal 7 Marzo 2012, infatti, non sarà più possibile effettuare pagamenti in contanti sopra i 1000 euro (per effetto del decreto del governo finalizzato alla tracciabilità dei pagamenti), così anche l’Inps sarà costretta ad adeguarsi pagando i pensionati solo ed esclusivamente tramite accredito in conto corrente. Ovviamente si tratta di una novità non da poco per le persone anziane che si trovano costrette a dover aprire un conto bancario o postale e a non poter più ritirare in contanti la propria pensione.

A questo proposito abbiamo effettuato una piccola indagine di mercato cercando i migliori prodotti offerti dalle banche per rispondere all’esigenza dei pensionati, specialmente quelli che si trovano a dover operare per la prima volta su un conto corrente.

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I nuovi tassi usurai per il 2012

La banca d’Italia, come avviene ogni trimestre, ha da poco rilasciato quelli che saranno i nuovi tassi di interesse considerati “usurai” per i primi mesi del 2012. Come tutti ben sanno, o dovrebbero sapere, per i finanziamenti esiste un limite stabilito dalla Banca d’Italia oltre il quale un interesse viene considerato usuraio, ossia chi lo applica può essere perseguibile penalmente. Questo significa che finanziarie e istituti di credito devono necessariamente adattarsi alle direttive della Banca d’Italia per evitare di finire fuori dai confini delimitati dalla legge. Per sapere se un tasso di interesse è o no usuraio basta verificare la tabella trimestrale redatta dall’istituto di via Nazionale.

I tassi soglia, ossia i tassi massimi, sono stati calcolati secondo le nuove direttive stabilite dal decreto legge dello scorso Maggio 2011. Si tratta di valori che è bene conoscere per evitare spiacevoli problemi nel momento in cui si accede al credito.

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Unicredit: precipita il titolo a -14,45%

Pessima giornata ieri in borsa per Unicredit che sprofonda chiudendo la seduta a -14,45%. Una perdita enorme per l’istituto di credito sul cui futuro pesa una ricapitalizzazione in corso il cui esito è cruciale per la sopravvivanza della banca. Insomma il clamore intorno al titolo di Unicredit, che si è cominciato a scatenare tra Natale e capodanno in seguito all’accorpamento delle azioni, non accenna a spegnersi. I piccoli risparmiatori, infatti, sono molto preoccupati dell’andamento del titolo in borsa con il rischio di perdere gran parte dei propri risparmi investiti.


Vediamo, quindi, di riassumere gli eventi che hanno caratterizzato questi ultimi concitati giorni (compreso l’aumento di capitale in corso) per cercare di capire cosa può fare un piccolo risparmiatore per evitare di perdere i propri soldi. Come premessa a questo articolo consigliamo, anche, di leggere un articolo di qualche settimana fa dove ci siamo posti la domanda: Unicredit può fallire?

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Il ponte sullo stretto: ma quanto ci costa?

In un periodo di crisi in cui vengono chiesti pesantissimi sacrifici ai cittadini attraverso un aumento di tasse epocale (basti pensare all’aumento dei carburanti di 2 mesi fa del 10% circa a cui ne seguirà un’altro tra pochi giorni, l’introduzione dell’imu sulla prima casa, ecc.) è lecito ripensare alle priorità del paese scartando i progetti come il Ponte sullo stretto di Messina, che costano molto e la cui utilità e in forse. Invece il discorso torna più in voga che mai in quanto si è in attesa della decisione del Cipe che, se non rigetterà il progetto finale, ci costringerà a pagare una penale pesantissima se il ponte non si farà. Insomma la situazione per le casse dello stato è più pesante che mai: se il ponte sullo stretto si farà dovremo sopportare il costo altissimo della sua realizzazione, se non si farà dovremmo pagare le penali altissime accordate dal governo Berlusconi alle società individuate per la realizzazione dell’opera.

Insomma una strada che sembra essere senza uscita e che scatena un putiferio tra i detrattori dell’opera che chiedono al governo Monti di trovare una soluzione dopo i tanti sacrifici chiesti agli italiani. D’altronde il costo del ponte sullo stretto è stimato intorno agli 8,5 miliardi di euro, un costo altissimo che renderebbe inutile i sacrifici chiesti agli italiani in fatto di pensioni.

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La Chiesa e l’ICI: quanti soldi perdiamo?

In questo ultimo mese si è scatenata la polemica tra coloro che vogliono far pagare l’ICI sugli immobili della chiesa destinati ad usi commerciali e chi, invece, continua a sostenere il contrario. La polemica si è infuocata dopo che il governo Monti ha reintrodotto l’imposta sulla prima casa aggravando la già difficile situazione di molte famiglie italiane. Dal canto suo la chiesa, nonostante le recenti aperture del Cardinal Bagnasco, non è particolarmente entusiasta dell’idea di dover pagare la nuova IMU (imposta municipalizzata unica) su tutti gli immobili sostenendo che in gran parte di quelli di sua proprietà già vengono pagate regolarmente le tasse. Tuttavia in un momento in cui si richiedono particolari sacrifici ai cittadini sono in molti a non capire questa chiusura della chiesa che, al contrario, dovrebbe partecipare al salvataggio della nazione e agli sforzi di tutti noi.

Secondo una stima riportata sul quotidiano repubblica.it solo a Roma sarebbero 1500 gli immobili della chiesa, un valore presumibilmente sottostimato in quanto si immagina siano molti di più. Tuttavia a onore della cronoca la chiesa ci tiene a sottolineare che in molti edifici destinati ad uso commerciale già viene pagato regolarmente l’ici.

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Comincia la fuga di capitali all’estero

La paura di molti italiani sulla possibilità da parte del fisco di controllare i conti correnti (introdotta dall’ultima manovra del governo Monti) sta portando un gran quantitativo di capitali all’estero. Si tratta, ovviamente, di capitali di persone che hanno qualcosa da nascondere vuoi perchè sottratti al fisco vuoi perchè guadagnati da attività illecite o criminali ma anche di coloro che vogliono semplicemente proteggere i propri risparmi per paura di un eventuale default del nostro paese. Sta di fatto che il grande esodo è già cominciato tant’è che comincia a circolare in rete la leggenda di lunghe file ai confini della Svizzera di persone che tentano di nascondere i propri risparmi aprendo un conto all’estero. Tuttavia la Svizzera, seppur continua ad essere il paese rifugio più gettonato, è solo una delle opzioni che si hanno. Una valida alternativa, ad esempio, è San Marino, luogo in cui si sono registrati numerosi viaggi dalla zona di Rimini e di tutto il centro Italia in genere.

Insomma Svizzera e San Marino sono le 2 mete per eccellenza per chi vuole aprire un conto all’estero per nascondere i propri soldi ma non solo, visto che in molti preferiscono spostare anche i propri lingotti d’oro. Ovviamente tutto ciò non riguarda la massa della popolazione, che di problemi ha quelli di arrivare alla fine del mese, ma di una parte marginale che vuole proteggere i risparmi dagli “occhi indiscreti del fisco” o dal pericolo di fallimento del paese.

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