I migliori titoli azionari degli ultimi 20 anni

La rivista americana SmartMoney ha festeggiato i suoi 20 anni pubblicando un interessantissimo report in cui vengono analizzati i migliori 10 titoli azionari dalla sua fondazione. Secondo SmartMoney chi, nel corso degli anni, aveva puntato su questi titoli e ha resistiti alle fasi di turbolenza che hanno scosso i mercati finanziari in più di un’occasione ha visto crescere il proprio investimento in maniera estremamente profittevole. Secondo gli esperti di SmartMoney, infatti, chi aveva un portafoglio composto da questi 10 titoli avrebbe guadagnato, nel corso di 20 anni, il 9839%. tanto per fare un esempio che renda meglio l’idea, investendo 10 mila euro 20 anni fa in questi titoli oggi si avrebbero 983.930 euro circa. Un risultato incredibile che è reso possibile dal fatto che molti di questi 10 titoli sono  delle small caps, ossia aziende di media dimensione che, potenzialmente, hanno dei margini di crescita maggiori rispetto alle grandissime aziende.

Tuttavia investire in small caps o, ancora peggio, nelle micro caps comporta un altissimo rischio, tanto che solo pochissimi investitori hanno avuto l’intuizione e il coraggio di portare avanti per diversi anni un investimento corposo in queste aziende raccogliendo, oggi, i propri frutti. Anche se molte di queste aziende non vengono scambiate, oggi, ai massimi storici il rendimento nell’arco dei 20 anni è estremamente sbalorditivo.

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Italia: bene l’asta dei Bot, male l’inflazione

Giornata dai risultati contrastati, quella di ieri, per il nostro paese. Da un lato l’ottimo risultato per l’andamento dell’asta dei titoli di stato che ha permesso al Tesoro di collocare sul mercato ben 12 miliardi di euro ad un tasso di interesse sensibilmente più basso rispetto a quello dell’asta precedente. Dall’altro, invece, male il dato sull’inflazione che continua a salire arrivando a superare la soglia del 3%, specialmente per colpa degli aumenti dei carburanti che si ripercuotono anche sul costo dei generi alimentari. Una brutta notizia per le famiglie italiane, visto che si stima che fare la spesa sia più caro del 4,5 rispetto ad un anno fa. Insomma, volendo tirare le somme della giornata di ieri, è possibile dire che va bene la finanza ma va altrettanto male l’economia reale.

Mai come negli ultimi anni questi 2 mondi sembrano essere distanti l’uno dall’altro. Una forzatura estremamente pericolosa visto che la finanza non dovrebbe essere altro che l’esposizione dell’economia reale. Eppure così non è o, almeno, così non è da qualche anno a questa parte per via della crescente speculazione che sembra regnare nei mercati finanziari.

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Investimenti: i 20 bond più redditizi

E’ stata pubblicata, da ilsole24ore.com, una classifica molto interessante dedicata ai corporate bond più redditizi del momento. I corporate bond non sono altro che obbligazioni emesse dalle aziende per trovare soldi sul mercato e rappresentano uno strumento molto interessante per chi vuole investire i propri soldi senza dover fare i conti con l’alta volatilità che caratterizza le borse in questo periodo. Il famoso quotidiano economico ha preso in esame i 20 corporate bond emessi nell’ultimo anno che offrono i rendimenti più alti, ossia superiori al 4%, e con un rating pari o superiore a “BBB”. Per chi non lo sapesse, infatti, i corporate bond sono soggetti al giudizio delle società di rating come i bond emessi dagli stati. I 20 bond presi in considerazione da ilsole24ore.com sono stati tutti emessi da società quotate al FTSE MIB e in particolare da Unicredit, Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Telecom Italia.

Ovviamente la classifica è solo un pretesto per fornire un’indicazione chiara di quali obbligazioni siano più vantagiose, in termini di rendimento e di affidabilità, per i piccoli investitori privati che vogliano garantire ai propri risparmi un rendimento interessante. C’è da aggiungere, però, che alcuni bond richiedono un investimento minimo molto alto (alcuni necessitano di un lotto minimo di 100 mila euro) ma ce ne sono diversi che permettono di investire anche con solo 1000 euro.

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Riforma del lavoro: il tesoro trova i soldi

Stando alle indiscrezioni che trapelano sugli organi di stampa in queste ultime ore sembra che si sia vicini ad un accordo per varare la tanto attesa riforma del lavoro. Sembra, infatti, che la Fornero e i sindacati siano molto vicini a siglare un accordo sui temi caldi, ossia quelli relativi a cassa integrazione, contratti di apprendistato e sussidi. Tuttavia ci sarebbe ancora da sciogliere il nodo relativo all’articolo 18 ma non è escluso che si riesca a giungere ad un compromesso già in settimana. Un’ottima notizia che fa ben sperare, sopratutto dopo che l’Istat ha pubblicato il dato definitivo relativo al pil 2011, dato che ci vede essere, ancora una volta, il fanalino di coda dell’economia europea.

L’obiettivo, ovviamente, è quello di combattere la forte disoccupazione che colpisce il paese favorendo l’occupazione dei giovani visto che, al di sotto dei 34 anni,  ben 1 su 3 non studia e non lavora. Ma tornando alla riforma, l’ottimismo di queste ultime ore è dovuto al fatto che il ministero del Tesoro avrebbe trovato le risorse per finanziare gli ammortizzatori sociali che dovranno essere inclusi nella manovra.

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Consumi degli italiani ai minimi da 30 anni

Male, anzi malissimo il dato relativo ai consumi delle famiglie italiane che torna ai livelli di circa 30 anni fa. Questo è quello che emerge dal rapporto pubblicato da Intesa Sanpaolo che ha fotografato la situazione di estrema difficoltà che gli italiani stanno attraversando. Il dato più eclatante è quello relativo ai prodotti alimentari e alle sigarette che, in media, hanno registrato un calo dell’1,5% riportando, di fatto, i consumi sui livelli degli anni 80. Secondo la relazione del settore Studi e Ricerca dell’istituto di credito, questi dati dimostrano la difficoltà dei consumatori che si vedono costretti a ridurre i consumi anche in un comparto “fondamentale” come quello alimentare facendo scendere il consumo pro capite medio al di sotto dei 2400 euro l’anno. Tuttavia non bisogna sorprendersi di questo risultato perchè già nelle scorse settimane avevamo potuto intuire che la situazione non è delle migliori.

D’altronde abbiamo più volte sottolineato che aumentando la pressione fiscale sulle buste paga, e quella sui carburanti era inevitabile che non si potesse far ripartire l’economia. Proprio per questo siamo dell’idea che siano necessarie quanto prima delle misure per favorire l’occupazione (specialmente quella giovanile che è ferma al 30%), unico vero punto di svolta per dare vita ad una ripresa economica.

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Pil Italia: nel 2011 cresce dello 0,5%

E’ stato comunicato, pochi minuti fa, il Pil italiano ralativo al 2011 con qualche sorpresa rispetto a quelle che erano le previsioni.  Il nostro paese ha registrato una crescita pari allo 0,5% meglio della stima preliminare del 15 Febbraio che si era fermata allo 0,4%. Insomma un dato buono che ha permesso a Piazza Affari di rafforzare il rialzo di stamattina e allo spread di ridiscendere verso quota 300 punti base. Tuttavia c’è poco da festeggiare perchè se da un lato il dato sul pil italiano è migliore rispetto a quello che ci si aspettava, dall’altro è altrettanto vero che nel 2010 la crescita italiana era stata dell’1,8% e per il 2012 già si prevede un risultato con il segno meno (l’istat prevede un -0,5%).

Se analizziamo il risultato degli ultimi 2 anni ci rendiamo conto che l’Italia nel 2011 è cresciuta circa l’1,3% in meno rispetto al 2010 e rischia di crescere un altro punto percentuale in meno nel 2012. Tuttavia è altrettanto vero che il 2012, salvo catastrofi stile Grecia, dovrebbe essere l’anno del picco negativo e già dal 2013 il nostro pil dovrebbe essere rivisto al rialzo.

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