Costa Crociere: danni per oltre 700 milioni

La terribile tragedia che ha colpito la nave da crociera della compagnia Costa Crociere sta rivelando, in questi giorni, come l’errore umano sia alla base della morte di ben 5 persone (al momento) e alla possibile distruzione di uno degli habitat più belli del Mediterraneo, visto che il rischio di una fuori uscita del Greggio è molto probabile. Tuttavia il nostro è un sito finanziario e, per quanto queste tragedie andrebbero affrontate da un punto di vista umano, siamo costretti ad analizzare il risvolto economico della tragedia. Per chi non lo sapesse la Costa Crociere non è una società di proprietà italiana ma è posseduta dalla società Carnival, il più grande gruppo del mondo nel settore delle crociere.

Ovviamente è ipotizzabile che ci saranno delle ripercussioni per la Carnival già a partire dall’apertura delle borse di oggi, in quanto il suo marchio subirà, inevitabilmente, un duro colpo dall’accaduto. La Carnival, infatti, oltre a dover risarcire tutti i passeggeri della nave (parliamo di oltre 2000 persone) ha perso uno dei suoi gioielli il cui valore stimato era di circa 700 milioni di dollari.

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Italia: per S&P il rating è BBB+

S&P, lo scorso venerdì, ha declassato gran parte dei paesi dell’Unione Europea e, in particolare l’Italia portando il rating del nostro paese al livello di BBB+. La società di rating americana ha difeso la sua scelta sostenendo che l’Italia paga l’alto costo a cui è costretta a rifinanziare il proprio debito e, pur sostenendo che la situazione politica con il governo Monti è sensibilmente migliorata, non è da escludere che le manovre in agenda incontreranno difficoltà nell’essere applicate. In sostanza, secondo Standard and Poors le politiche economiche del governo, seppur giuste, incontreranno una dura opposizione politica e difficilmente verranno approvate.

Insomma il nostro paese viene retrocesso ancora abbassando il rating di ben 2 posizioni. Oltre all’Italia ha fatto scalpore il taglio di rating della Francia che passa ad AA+ con outlook negativo, così come l’Austria, mentre la Spagna è passata ad un giudizio di AA-. Tra gli altri paesi “a rischio” si sono salvati Germania, Lussemburgo, Finlandia e Olanda anche se sono ancora sotto osservazione e non è escluso qualche colpo di scena nei prossimi mesi.

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Investimenti: attenzione a Europa e Bancari

Come abbiamo detto più volte la maggior parte degli analisti prevede una prima parte del 2012 all’insegna della recessione. Al coro si aggiunge anche Paris Horvitz, il responsabile degli investimenti di HSBC, il quale sostiene che l’Europa sarà da considerare come una zona d’ombra dell’economia mondiale per buona parte dell’anno in corso. Un’altro brutto segnale che non fa intendere nulla di positivo per quello che potrebbe essere ribattezzato come un anno davvero molto particolare per via delle tante importanti scadenze che lo caratterizzeranno.

Tanto per fare un esempio il 2012 sarà l’anno delle elezioni in paesi come Cina, Francia e Stati Uniti, per non parlare della crisi del debito che rischia di precipitare da un momento all’altro a mano a mano che le scadenze si avvicineranno.

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I capitali si spostano nei mercati emergenti

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una profonda trasformazione della distribuzione della ricchezza in termini globali. I paesi cosidetti “emergenti” stanno crescendo in maniera significativa aumentando la ricchezza procapite al punto che, secondo Credit Suisse, già dal 2025 il numero di famiglie della classe media di quei paesi supererà per numero quelle americane. Basti pensare che solo in Cina la ricchezza media procapite e cresciuta del 300% nell’arco degli ultimi 10 anni rallentando solo nell’ultimo biennio per via della crisi globale. Tutto ciò sta modificando anche la finanza internazionale per via dello spostamento enorme di capitali dalle vecchie economie, ormai praticamente statiche, verso quelle dei paesi emergenti, molto più dinamiche e con prospettive di crescita interessanti.

Tutto ciò non farà altro che spostare gran parte del flusso finanziario e degli investimenti rendendo ancora più difficile la vita dei mercati finanziari europei e americani che potrebbero soffrire di una minore liquidità e di un cospicuo calo delle transazioni.

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Polizze auto: si spera nelle liberalizzazioni

Che le assicurazioni auto siano troppo care lo abbiamo ripetute centinaia di volte. Purtroppo, anche se le compagnie continuano a negare l’evidenza, molti studi dimostrano che una polizza auto in Italia costa, in media, circa il doppio rispetto a quelle che è la media europea. In particolare il “The European Motor Insurance Market“, studio pubblicato nel Febbraio del 2010, dimostra che la media dell’rc auto in Italia è di 407 euro contro i 230 euro di quella europea. Proprio per questo le associazioni dei consumatori e gli automobilisti italiani sperano nelle liberalizzazioni per poter contenere questo costo che grava in maniera non indifferente sul budget delle famiglie.

Con il pacchetto di liberalizzazioni al vaglio del governo si potrebbero ridurre progressivamente i costi sostenuti per assicurare la propria auto. Secondo l’Aduc non sarebbe giustificata la scusa promossa più volte dalle Compagnie che avrebbero attribuito alle frodi nei risarcimenti il costo elevato delle polizze nel nostro paese. Secondo l’associazione, infatti, le frodi rappresenterebbero il 2-3% del totale dei risarcimenti, un valore assolutamente in linea con quello europeo.

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Conti pubblici, nuovo miglioramento per l’Italia

Lentamente, ma in maniera che inizia ad essere apprezzabile per continuità, i conti pubblici italiani iniziano a migliorare. Secondo quanto afferma l’ultimo report dell’Istat, infatti, durante il terzo trimestre del 2011 il rapporto tra il deficit e il Prodotto Interno Lordo sarebbe sceso al 2,7%, con il saldo primario pari all’1,7%, per il dato migliore dal 2008 a questa parte. Anche in questo caso, ad onor di cronaca, ci preme segnalare come in realtà il miglioramento non sia ancora frutto della manovra Monti (considerato che gli elementi statistici si riferiscono al terzo quarto del 2011), della quale, pertanto, attendiamo ancora i risvolti positivi in termini macroeconomici.

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