Ecco chi controlla Standard & Poor’s

Standard & Poor’s è stata al centro delle polemiche per il recente taglio di rating della gran parte dei paesi della zona euro. Sono in molti che vedeno dietro alla società di rating un interesse politico di affondare l’europa. Ma chi c’è dietro Standard & Poor’s? Da chi è controllata la potente società di rating che, insieme a Fitch e Moody’s, ha il premedominio sul mercato mondiale? La storia della società di rating è tanto antica quanto travagliata e per capire la sua evoluzione è bene ripercorrere brevemente la sua storia, cercando di capire chi la controlla e quale interesse potrebbe avere nello screditare i paesi europei.

Le origini di S&P sono molto antiche e risalgono ai primi del 1900 anche se solo a partire dal 1941 si può parlare di una forma societaria simile a quella attuale. A partire dal 1966 la società di rating è di proprietà di McGraw-Hill, una multinazionale che si occupa di informazione finanziaria.

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Debito Grecia, trattative sempre più complesse

Doveva essere la chiave di volta nella casa della sicurezza del debito greco, ma rischia di tradursi nell’ennesimo anello debole di una catena che sta per spezzarsi in maniera definitiva. Il governo di Atene e le grandi banche internazionali non sono ancora riuscite a trovare un’intesa sul taglio volontario del valore del debito del primo, e dei corrispettivi crediti delle seconde. Se l’intesa non verrà trovata nel corso delle prossime settimane, il destino di Atene sarà segnato in maniera univoca: a metà del mese di marzo il governo greco sarà costretto a dichiarare il default (che le agenzie di rating hanno da tempo certificato), con tutto ciò che ne conseguirà per quanto concerne la stabilità dell’eurozona, già messa a dura prova.

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Cina futuro tra boom e… sboom

L’apparentemente bizzarra teoria recessiva della Barclays Capital potrebbe riguardare ben presto la Cina, a un bivio tra la continua crescita economica – che dovrebbe condurla, entro i prossimi 30 anni, a divenire la prima economia mondiale – e il pericolo di un clamoroso passo indietro. Secondo gli analisti della Barclays Capital, infatti, il tentativo di costruire l’edificio più alto del mondo (riuscito o meno) sarebbe succeduto dal pericolo di grave crisi economica.

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500 mila italiani in cassa integrazione a 0 ore

E’ di mezzo milione di unità il numero degli italiani che attualmente vivono in una condizione di cassa integrazione a zero ore. A dircelo è la Cgil, tramite il suo osservatorio Cig del dipartimento settori produttivi, che “certifica” di fatto la criticità del mercato occupazionale italiano per quanto concerne il ricorso alla cassa integrazione. Ancora, l’osservatorio afferma come nel corso del 2011 siano state registrate circa 950 milioni di ore di cassa integrazione (poco meno di 1,2 miliardi di unità rispetto all’anno precedente), per un totale di 3,4 miliardi di ore negli ultimi tre anni di crisi.

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Costa Crociere: danni per oltre 700 milioni

La terribile tragedia che ha colpito la nave da crociera della compagnia Costa Crociere sta rivelando, in questi giorni, come l’errore umano sia alla base della morte di ben 5 persone (al momento) e alla possibile distruzione di uno degli habitat più belli del Mediterraneo, visto che il rischio di una fuori uscita del Greggio è molto probabile. Tuttavia il nostro è un sito finanziario e, per quanto queste tragedie andrebbero affrontate da un punto di vista umano, siamo costretti ad analizzare il risvolto economico della tragedia. Per chi non lo sapesse la Costa Crociere non è una società di proprietà italiana ma è posseduta dalla società Carnival, il più grande gruppo del mondo nel settore delle crociere.

Ovviamente è ipotizzabile che ci saranno delle ripercussioni per la Carnival già a partire dall’apertura delle borse di oggi, in quanto il suo marchio subirà, inevitabilmente, un duro colpo dall’accaduto. La Carnival, infatti, oltre a dover risarcire tutti i passeggeri della nave (parliamo di oltre 2000 persone) ha perso uno dei suoi gioielli il cui valore stimato era di circa 700 milioni di dollari.

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Italia: per S&P il rating è BBB+

S&P, lo scorso venerdì, ha declassato gran parte dei paesi dell’Unione Europea e, in particolare l’Italia portando il rating del nostro paese al livello di BBB+. La società di rating americana ha difeso la sua scelta sostenendo che l’Italia paga l’alto costo a cui è costretta a rifinanziare il proprio debito e, pur sostenendo che la situazione politica con il governo Monti è sensibilmente migliorata, non è da escludere che le manovre in agenda incontreranno difficoltà nell’essere applicate. In sostanza, secondo Standard and Poors le politiche economiche del governo, seppur giuste, incontreranno una dura opposizione politica e difficilmente verranno approvate.

Insomma il nostro paese viene retrocesso ancora abbassando il rating di ben 2 posizioni. Oltre all’Italia ha fatto scalpore il taglio di rating della Francia che passa ad AA+ con outlook negativo, così come l’Austria, mentre la Spagna è passata ad un giudizio di AA-. Tra gli altri paesi “a rischio” si sono salvati Germania, Lussemburgo, Finlandia e Olanda anche se sono ancora sotto osservazione e non è escluso qualche colpo di scena nei prossimi mesi.

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