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Le turbolenze economiche contano più di quanto si pensi

denaro conto

Economia del Regno Unito in recessione? Probabile, considerando lo stato di stallo in cui si trova. D’altronde, i dati economici recentemente rilasciati parlano di un settore aziendale molto soft e aspettative piuttosto cupe e indesiderate. Da sette anni a questa parte, il primo trimestre si è chiuso negativamente. Il secondo? Bisogna ancora aspettare prima di avere riscontri certi.

Certamente, l’economia del Regno Unito non è quella più disastrosa. Il settore manifatturiero della Germania ha subito un brusco rallentamento, mentre in Italia i problemi fiscali cronici rischiano di destabilizzare ulteriormente un’economia già molto fragile.

Ma la vera sfida per il Regno Unito deve ancora iniziare. Le negoziazioni della Brexit restano incerte ed imprevedibili, ma è il dopo a destare molta preoccupazione. Il commercio potrebbe risentirne parecchio a livello globale. Nei prossimi 12 mesi, proiezioni, previsioni e sfere di cristallo non avranno più ragione di essere: gli impatti degli accordi commerciali con l’UE saranno tangibili, osservabili e impossibile da ignorare.

L’incertezza economica attuale non nasce nel breve termine, ma ha radici molto più profonde. Ciò che si sta osservando nella politica globale è il culmine di un decennio post-crisi finanziaria. Proprio da qui è partita l’onda del protezionismo commerciale, del nazionalismo economico e di una diplomazia turbolente. Ad esacerbare tutto è arrivata la guerra commerciale globale, con dazi, tensioni e cooperazione tra Stati in declino.

Le banche centrali hanno avuto un ruolo fondamentale quando hanno deciso di stampare denaro, pompando miliardi di sterline, dollari, euro e yen. Il risultato? Blocco quasi totale di una reazione politica immediata al crollo finanziario del 2008. Purtroppo, l’effetto del quantitative easing è ormai svanito e gli effetti collaterali si sentono eccome.

L’influenza politica rende effettivamente difficile la previsione economica. Mario Draghi e Mark Carney erano alla guida delle rispettive banche centrali nel momento di maggiore volatilità dei mercati, mettendo in campo forza di volontà, retorica e istituzioni che gonfiano i bilanci. Poi alla fine arriva sempre il conto da pagare.

Nel 2001, la Cina aderì all’Organizzazione Mondiale del Commercio, creando un asse fondamentale dell’intera economia mondiale. Questa visione si è però infranta. I laboratori del mondo sono in difficoltà. Il compatto non ufficiale Sino-Stati Uniti, il quale ha visto esternalizzati produzione e posti di lavoro a Est, avendo in cambio prezzi e prestiti in dollari a basso costo insieme ad elevati standard di vita esportati a ovest, si dipanano con conseguenze inconoscibili.

Prima della crisi finanziaria, Stati Uniti ed Europa erano convinte che l’Oriente sarebbe diventato molto simile all’Occidente. Queste nuove economie avrebbero garantito più prosperità e più democrazia, riducendo il ruolo dello Stato stesso. Guardando bene, forse sta accadendo l’esatto contrario.

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