Un assegno postdatato è un tipo di assegno bancario che viene emesso con una data successiva a quella del momento in cui avviene la compilazione.
Ad esempio, se oggi è il 24 novembre 2023, ma si inserisce come data sull’assegno il 5 gennaio 2024 o altre date successive, l’assegno viene considerato “postdatato”.
Questa tipologia di assegno implica che chi lo emette e chi lo riceve abbiano un tacito accordo, in cui il beneficiario si impegna a non procedere all’incasso prima della data indicata. Quindi, nell’esempio precedente, l’assegno sarà incassato non prima del 5 gennaio 2024.
Assegni postdatati: sanzioni
In passato, la normativa relativa agli assegni postdatati, considerava questi strumenti illegali e quindi, chi li emetteva, poteva essere perseguito dalla legge.
Questo non è bastato come deterrente, motivo per il quale il legislatore ha deciso di rendere l’assegno postdatato un semplice illecito amministrativo.
A non essere valido non è l’assegno, ma il tacito accordo tra debitore e creditore. Inoltre, l’emissione di assegni postdatati implica il mancato pagamento del bollo, che viene visto come una forma di evasione fiscale da chi emette l’assegno.
Perché si sceglie di usare gli assegni postdatati?
La scelta di utilizzare l’assegno postdatato nasce dalla possibilità di posticipare o dilazionare il pagamento.
In ambito commerciale, l’acquirente concorda col venditore un periodo che tiene conto della possibilità di pianificare il pagamento in una o più trance, tenendo conto delle esigenze finanziarie e della reale disponibilità dei fondi sul conto corrente.
Inoltre, un assegno postdatato comporta meno costi delle cambiali, che sono soggette ad imposta del 12 per mille dell’importo, non presente negli assegni.
Per questa ragione, se le cifre da pagare sono alte, si preferisce emettere più assegni postdatati per pagamenti dilazionati nel tempo, invece di usare le cambiali.
Incasso degli assegni postdatati
Chi riceve un assegno postdatato ha due possibilità per l’incasso: può decidere di incassarlo il giorno della data indicata sull’assegno o successivamente.
Se il beneficiario decide di incassarlo prima della data postdatata, rompe l’accordo con chi ha emesso l’assegno.
Secondo l’articolo 31 del R.D. n. 1736/1933, gli assegni bancari sono pagabili “a vista”. Ciò significa che anche gli assegni postdatati possono essere incassati prima della data indicata, previa regolarizzazione fiscale. In tal caso, il beneficiario dovrà pagare l’imposta di bollo prevista per le cambiali, pari al 12 per mille dell’importo dell’assegno.
C’è da specificare che, a differenza di una cambiale, l’assegno postdatato non è un garanzia di pagamento, il che vuol dire, che se al momento dell’incasso, risulta scoperto, il creditore non può usarlo come strumento per procedere all’esecuzione forzata o per fare richiesta di decreto ingiuntivo.
Cosa rischia chi emette l’assegno postdatato?
Anche se è presente un accordo tacito con il beneficiario dell’assegno, il debitore corre il rischio che quest’ultimo non rispetti il patto e incassi l’assegno in anticipo rispetto alla data indicata.
Se sul conto corrente non ci sono fondi a sufficienza per coprire il pagamento, si parla di assegno protestato.
Il protesto viene emesso dal Prefetto ed è un atto formale che indica la persona come poco affidabile dal punto di vista creditizio.
Inoltre, il mancato pagamento, comporta anche delle sanzioni e la revoca dell’autorizzazione all’emissione di assegni.