L’uscita dall’euro è una soluzione alla crisi?

In questo periodo, con l’aggravarsi della crisi economica, sono in molti a puntare il dito sull’euro. La moneta unica viene vista come una delle cause di questa profonda recessione in cui la maggior parte dell’eurozona è piombata. A questo proposito si sono espressi economisti, giornalisti o semplici addetti ai lavori esprimendo opinioni diverse e contrastanti. L’ultima, in ordine di tempo, è quella autorevole di Paul Krugman che in un editoriale sul New York Times fa il punto della situazione della crisi dell’eurozona parlando anche di una possibile uscita dei paesi membri dall’euro. Quello che è chiaro è che Krugman non indica l’uscita dall’euro come una possibile soluzione alla crisi ma, al contrario, sostiene che qualora la crisi dovesse peggiorare sarà una scelta dolorosa ma inevitabile visto il chiaro insuccesso delle scelte finanziarie adottate in sede Europea.

L’economista punta il dito contro la Germania sostenendo che la Spagna non era messa così male all’inizio della crisi avendo un basso debito pubblico e un indice di crescita niente male. I problemi finanziari della Spagna, secondo Krugman, sono una conseguenza della crisi e non la sua causa. Una differenza tutt’altro che trascurabile. L’austerità fiscale approvata dai leader europei potrebbe dare vita ad una ulteriore contrazione della crescita dando il colpo di grazia all’eurozona.

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La riqualificazione del lavoro in Irlanda

Continua la nostra panoramica sui paesi europei più in difficoltà. Stavolta è il caso di parlare dell’Irlanda e dell’enorme sforzo che il paese sta attuando per riqualificare i propri lavoratori con l’obiettivo di abbassare una disoccupazione tornata a livelli di massima allerta. Secondo il Wall Street Journal, infatti, la disoccupazione in Irlanda è tornata a livelli più alti del 2009 sfiorando il 15% (14,6% per la precisione). Questo sta portando ad un aumento del numero di persone che non riesce a pagare la rata del mutuo. Attualmente sono circa 76.400 i mutuatari in difficoltà, ossia il 17% in più rispetto all’anno precedente segno che la crisi sta tornando a farsi sentire in maniera molto violenta. Molti lavoratori sono stati costretti ad accettare salari inferiori pur di mantenere il proprio posto di lavoro o ad accettare lavori meno retribuiti pur di avere uno stipendio.

Il governo del paese ha dato vita ad un massiccio programma di riqualificazione del lavoro per formare la popolazione verso quelle qualifiche di cui l’economia del paese necessita. Questo, spesso, vuol dire dover tornare a fare lavori che fino a qualche anno fa venivano snobbati come, ad esempio, lavorare nelle fabbriche della lavorazione della carne, mercato estremamente importante per l’Irlanda.

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La verità sulla crisi della Spagna

Madrid continua a spaventare i mercati accrescendo le tensioni sui debiti sovrani europei. Non a caso anche ieri, nonostante sia stata una giornata moderatamente positiva per i listini di tutta Europa, l’ibex ha chiuso con un saldo negativo. La paura è per le aste dei titoli spagnoli di questa settimana che, sulla scia del pessimismo che si è andato diffondendo nelle ultime 3 settimane, potrebbero rivelarsi molto deludenti per il governo di Madrid con conseguenze pesantissime per i mercati. Proprio per questo la Spagna è pronta ad intervenire con misure drastiche tra cui la possibilità che il governo prenda il controllo delle finanze dei governi regionali così da riportare sotto controllo gli oneri finanziari, cresciuti a dismisura negli ultimi mesi, e smorzare le preoccupazioni sulle finanze del paese.

Ma la Spagna è anche impegnata a ridurre il pesantissimo deficit che, attraverso misure di austerity, il governo spera di portare dall’attuale 8,5% al 5,3%. Tuttavia queste misure di austerity, un po come successo in Italia, possono solo far peggiorare l’economia rallentando ulteriormente la crescita aspetto questo che se rapportato ad un paese come la Spagna dove la disoccupazione è superiore al 20% (in Italia è inferiore al 10%) potrebbe avere dei risvolti drammatici.

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Spread giù, ma attenzione ai falsi segnali

Come da copione dopo 2 settimane di peggioramento dei mercati finanziari ecco che arriva una schiarita. Ieri lo spread ha fatto registrare un calo di ben 29 punti base scendendo a 375 dopo che ieri si era fermato a 404 punti. Ma oltre a quello italiano cala anche quello spagnolo, che scende a quota 415, e quello francese che torna sotto i 120 punti base. Bene anche i listini europei con Piazza Affari che recupera parte delle perdite di martedì facendo registrare un incoraggiante +1.60% mentre l’indice francese e quello tedesco non vanno oltre il +0.49% e il +0.86%. Tra i maggiori rialzi c’è da sottolineare l’ottimo andamento dei titoli bancari guidati dalla popolare di MIlano che chiude con un +5.91% e Unicredit e Intesa abbondantemente sopra il 5%.

Tuttavia bisognerà verificare, già a partire da oggi, se si tratta di un rimbalzo tecnico oppure di una vera e propria inversione di tendenza. Al momento, infatti, non sussistono motivazioni serie che possano dar vita ad un miglioramento complessivo delle condizioni macroeconomiche della zona euro. Neanche l’asta dei Bot italiani, che ieri ha permesso di piazzare ben 12 miliardi tra titoli a 3 mesi e titoli a 1 anno, è stata un gran che.

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