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Mercati europei in tensione più per la politica che per l’economia

L’estate del malcontento dei mercati europei potrebbe essere solo un antipasto di ciò che deve ancora accadere. Ma le preoccupazioni non sono sui dati economici, i quali danno segnali positivi in quanto a crescita e utili, ma sulle prospettive politiche, dettate dal populismo del governo italiano e dalla politica commerciale imprevedibile degli Stati Uniti, oltre che dai rischi insiti nei mercati emergenti.

Da quando il governo italiano ha preso il potere politico, gli investitori hanno iniziato a manifestare il loro disappunto. Se aggiungiamo l’infinito dramma della Brexit, il quadro finanziario è sempre più ingarbugliato. Il governo giallo-verde è pronto a presentare la legge di Bilancio a settembre, e questo sta già generando un clima di tensione tra l’UE e l’Italia. Con il crollo del ponte a Genova, le preoccupazioni si sono acuite per una paventato finanziamento diretto alla modernizzazione delle infrastrutture.

Certo è che l’autunno italiano sarà costellato di varie elementi di disaccordo, con l’opposizione già in trincea e nell’attesa che vengano esposti i primi punti fondamentali della legge, e subito dietro la Commissione europea pronta a spalleggiarli. Gli investitori? Spettatori a distanza, pronti a muoversi ai primi segni di pericolo imminente. Anche la Germania potrebbe essere fonte di instabilità, con le elezioni bavaresi di ottobre in grado di destabilizzare la coalizione della cancelliera Angela Merkel.

La Brexit? Con soli sette mesi rimasti alla definitiva uscita dall’UE, ancora non c’è una linea comune su quali saranno le future relazioni tra le due parti. Molto probabilmente, qualsiasi decisione presa influenzerà negativamente la sterlina, con i mercati che potrebbero subire un duro contraccolpo.

Intanto, gli investitori hanno gli occhi puntati sui colloqui tra Stati Uniti e UE in merito all’eliminazione dei dazi, ma ancora progressi sostanziali non ce ne sono. Una svolta positiva darebbe un forte impulso al comparto automobilistico europeo, la cui valutazione è scesa ai minimi dal 2012 ad oggi. Le provocazioni di Trump continuano, e il dazio del 25% sulle importazioni di auto dall’Europa è come un’ombra che continua ad oscurare le previsioni sull’economia che verrà.

Spostando l’attenzione verso l’est del mondo, la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti è quella che crea maggiore preoccupazione agli investitori. La speranza è che l’attrito si risolva positivamente, ma se continuasse verrebbero colpiti altri 200 miliardi di dollari di merci cinesi, con conseguenze negative sui mercati europei, molto sensibili alle esportazioni proveniente dalle Cina.

Ultimo canovaccio impregnato dal sudore degli investitori impauriti è quello dei mercati emergenti. I mercati europei sono molto più sensibili ai paesi in via di sviluppo, i quali stanno subendo crescenti pressioni a causa del rafforzamento della liquidità globale. La Turchia rappresenta in toto queste vulnerabilità, ed immancabilmente le azioni europee sono scivolate all’inizio di agosto, dettate dal timore di un possibile contagio causato dalle turbolenze economiche provenienti dalla nazione turca.

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