Aumentano le pressioni sulla Merkel

Quella di ieri è stata una giornata “diversa dal solito” sui mercati finanziari con gli indici periferici che hanno chiuso in maniera positiva mentre gli indici di riferimento come il Dax (-1.25%) o lo SP500 hanno chiuso in rosso. Sicuramente la pessima perfomance del Dax può portare ad un aumento delle pressioni sulla cancelliera Merkel che resta sempre più isolata dal resto d’Europa. Il fronte Italia, Spagna e Francia (a cui si deve aggiungere gli USA preoccupati della gestione della crisi europea) è sempre più compatto sul voler attuare delle riforme significative che possano arginare questo processo distruttivo che si è innescato sulle economie dell’eurozona. L’obiettivo è quella di un’unione fiscale e bancaria dei paesi dell’euro cosa che dovrebbe allentare la pressione sui debiti dei paesi PIIGS ridando fiato alla finanza del vecchio continente. Da parte sua la Germania continua a fare orecchie da mercante perchè, sotto alcuni punti di vista, sta gudagnando (non poco) da questa situazione.

I rendimenti dei suoi titoli di stato non sono mai stati così bassi, ergo i tedeschi possono rifinanziare il proprio debito ad un costo irrisorio rispetto a quello degli altri paesi europei. Non solo… le aziende tedesche sono in grado di accedere al credito a costi decisamente inferiori rispetto a quelli degli altri paesi dell’eurozona. Tuttavia anche per la Germania cominciano ad arrivare i primi problemi: nel primo trimestre del 2012 la crescita delle esportazioni verso i paesi del sud europa sono cresciute solo dello 0,9%, un dato alquanto deludente.

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FMI prepara il salvataggio della Spagna

La Spagna rischia talmente tanto che l’FMI starebbe preparando un piano di salvataggio da 300 miliardi di euro. Noi di economyonline.it lo avevamo annunciato diversi mesi fa quando ancora tutti i grandi media italiani non parlavano del problema, lo avevamo detto quando ancora l’attenzione era tutta focalizzata sulla Grecia. D’altronde i segni di una imminente crisi Spagnola erano evidenti a tutti, bastava solamente voler guardare. Un paese con una disoccupazione oltre il 20%, in cui il mercato immobiliare crolla del 20-30% nell’arco di pochi mesi sta per attraversare una delle peggiori crisi della sua storia. E ora, di fronte alla possibilità  di un piano di salvataggio da 300 miliardi di euro l’eventuale disgregazione della moneta unica sembra essere qualcosa di più di una eventualità paventata solo dai disfattisti. Se a questo aggiungiamo che il fronte Europeo è sempre più spaccato con la Germania che resta sola nel non voler concedere aiuti finanziari ai paesi in difficoltà (proprio la Germani che è stato uno dei pochissimi paesi ad avvantagiarsi dell’euro).

Insomma la situazione è critica e conferma quanto avevavo detto solo pochi giorni fa: Giugno sarà il mese decisivo in cui si deciderà del futuro della moneta unica. Perchè il tempo a disposizione dell’Unione Europea per salvare l’euro è ormai finito. Nei prossimi 30 giorni ci sono delle scadenze fondamentali tra cui ricordiamo le elezioni in Grecia, con cui si deciderà sulla permanenza del paese nell’eurozona, e gli aiuti alla Spagna il cui sistema bancario è sul punto di essere messo in ginocchio da una crescente fuga di capitali.

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E’ in arrivo la tempesta perfetta

Analizzando alcuni indici è possibile trovare molte analogie tra i valori del 2008, ossia post crack Lehman, e quelli di oggi con la sola differenza che la crisi che stiamo attraversando è ben più forte di quella del 2008-2009 sia perchè qui rischiano di fallire gli stati oltre che le banche, sia perchè ci colpirebbe direttamente. Analizzando i grafici qui sotto queste analogie appaiono davvero molto evidenti. In particolare è interessante notare come il Credit-crunch index abbia raggiunto livelli più alti rispetto al picco della crisi del 2008. Molto allarmanti anche i dati sulla disoccupazione che dopo essere aumentati vistosamente in seguito alla crisi del 2008 sono riesplosi raggiungendo nuovi picchi in prossimità dell’11%. E proprio la disoccupazione, insieme al rischio delle banche, rappresenta la prima preoccupazione per la tenuta degli stati. Quella che nasce, ormai 5 anni fa, come una crisi finanziaria si è trasformata di fatto in una crisi economica a tutti gli effetti. La disoccupazione sta continuando a salire a ritmi preoccupanti, le aziende chiudono e le famiglie stanno finendo di bruciare i risparmi accumulati nell’arco di una vita.

Insomma rischia di saltare tutto il banco (che in questo caso è l’euro) anche perchè chi dovrebbe fare qualcosa continua a rimandare decisioni ormai inevitabili se si vuol “provare” a salvare il salvabile. Qualcosa sembra si stia muovendo così ecco che dopo la giornata pesantissima di ieri con l’euro che sprofonda sotto l’1,24 nel cambio con il dollaro arriva notizia di un vertice di emergenza (in teleconferenza) tra Monti, Obama, Merkel e Hollande per evitare il peggio.

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Commissione Europea: serve l’Unione Bancaria

La situazione in Europa sta precipitando: il sistema creditizio spagnolo è appeso ad un filo (lo spread ieri ha superato i 530 punti base) e cominciano i significativi spostamenti di denaro dalle banche italiane verso quelle del nord europa. Così ecco che cominciano a fioccare le prime proposte per riuscire nel tentativo estremo di salvare l’euro. Secondo la Commissione Europea si deve procedere velocemente con un’integrazione bancaria tra i diversi paesi così da poter utilizzare i fondi di salvataggio per ricapitalizzare le banche in difficoltà. La proposta sembra non trovare grande credibilità sui mercati e, onestamente, non ci sorprende più di tanto per 2 motivi: il primo è che questa proposta è di dubbia applicazione, mentre il secondo è che crediamo che non possa bastare ad arginare la gravità della crisi. Insomma, parliamoci chiaro, è come voler spengere un incendio con un bicchiere d’acqua. Magari quel bicchiere di acqua era sufficiente per spegnere un principio di incendio ma se si aspetta che abbia preso fuoco tutto il bosco l’unica soluzione per salvarsi è quella di mettere in campo tutte le forze necessarie.

Ma l’Europa è così, nel bene e nel male. La lentezza che accomuna i vertici europei è imabarazzante visto che ad oggi, nonostante il dramma di una fine della moneta unica sia alle porte, ancora si rimandano le decisioni fondamentali. La frase più ripetuta nei comunicati stampa UE è “se ne parlerà al prossimo vertice”; ma se si continua di questo passo arriverà il giorno, molto presto, che non ci sarà più un “prossimo vertice”.

Come dicevamo i nostri dubbi sono circa la possibilità di utilizzare i fondi europei per il salvataggio delle banche visto che questi sono stati istituiti per salvare gli stati. In effetti salvare le banche significa anche salvare gli stati ma non per questo utilizzare quei fondi sarà un gioco da ragazzi. Tuttavia basterebbe, come proposto, che l’European Stability Mechanism, che entrerà in funzione a partire da luglio, finanzi gli stati che ne facciano richiesta con la possibilità di destinare quei soldi alla ricapitalizzazione delle banche.

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Spagna: rischio collasso per banche e regioni

I nostri lettori ne sono consapevoli da tempo ma finalmente anche i grandi media italiani hanno cominciato a parlare seriamente del rischio Spagna, un paese sull’orlo del collasso che, ora, mette davvero molta paura. Non a caso la tensione sui titoli di stato iberici è salita alle stelle con uno spread sopra i 500 punti base e un tasso di interesse, sui decennali, che ha raggiunto un rendimento del 6,5%. I problemi della Spagna non sono certo una novità e ne abbiamo parlato in più occasioni ma quello che mette paura è il sistema bancario che, dopo il caso della nazionalizzazione di Bankia, rischia di collassare. Per il momento, infatti, non c’è stata una vera e propria corsa agli sportelli ma qualora si dovesse verificare il paese avrebbe senz’altro bisogno di aiuti nel giro di pochissimo tempo. La Spagna, infatti, non gode di un’economia in salute ed è fortemente condizionata da una disoccupazione estremamente alta e da un forte calo del settore immobiliare.

Lo spazio di intervento del governo, quindi, sarebbe estremamente limitato tanto che alcuni analisti cominciano già a parlare di un possibile piano di aiuti al paese al vaglio degli organismi europei. Tuttavia se le cifre riportate dal Wall Street Journal fossero esatte (si parla di circa 50-60 miliardi di euro per sopperire alle mancanze del sistema bancario del paese) si metterebbe davvero male per l’eurozona.

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Crisi: l’unica che ci guadagna è la Germania

In questi ultimi mesi abbiamo più volte sottolineato come uno dei più grandi problemi dell’eurozona sia la linea dura della Germania fermamente convinta della sua politica di austerity imposta a mezza eurozona. Intanto, però, ogni giorno che passa si comprende sempre meglio come l’unico paese europeo che stia guadagnando da questa crisi economica sia proprio la Germania, mentre tutti gli altri stanno sprofondando in un vortice pericolosissimo. Non a caso questo bel grafico pubblicato su ilsole24ore.com mette in luce proprio questo aspetto analizzando l’andamento dei titoli di stato dagli anni ’90 ad oggi. Se osserviamo bene il grafico, infatti, si evince chiaramente che a ridosso dall’introduzione della moneta unica i rendimenti dei titoli di stato di tutti i paesi erano grosso modo sugli stessi livelli, ossia intorno al 5%.

Successivamente all’introduzione dell’euro questi rendimenti hanno avuto un andamento molto simile fino all’inizio del 2008 quando, con lo scoppiare della crisi economica le divergenze sono tornate ad aumentare. I paesi più colpiti sono stati Portogallo, Irlanda e Grecia e, a seguire, Spagna e Italia.

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