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Non performing loans, i crediti deteriorati che frenano l’economia nazionale

euroSecondo il Rapporto UNIREC tarpano le ali alle imprese e frenano l’occupazione

Uno scenario in divenire e un grosso punto di domanda sull’economia italiana nel suo insieme. Il VII Rapporto annuale di UNIREC (Unione nazionale delle imprese a tutela del credito) fotografa la situazione del recupero dei crediti deteriorati – attività considerata strategica per il benessere dell’intero sistema nazionale – e le sue ricadute macro-economiche registrate in Italia nel 2016.

Il lavoro esamina la situazione complessiva delle famiglie e delle imprese italiane. Se la timida ripresa economica ha registrato valori lievemente sopra le aspettative – ma comunque inferiori a quelli dei principali paesi europei – e il potere d’acquisto delle famiglie è leggermente aumentato (a fine 2016 +1,8% rispetto a dodici mesi prima), il clima di fiducia delle aziende stenta ancora a decollare, complice anche la cronica difficoltà ad accedere al credito bancario da parte di piccole e medie imprese, in particolare quelle che operano nei settori edile e manifatturiero.

Le sofferenze bancarie sono più che raddoppiate rispetto al 2010: da 77,8 miliardi a 200,9 miliardi in sei anni. Tra queste, la preponderanza rispetto ad altre tipologie di credito più performanti dei Non Performing Loans (NPLs), cioè i crediti la cui riscossione è incerta, ha determinato un considerevole aumento di pratiche improduttive e stagnanti sulle scrivanie delle società specializzate nel recupero e nella gestione del credito.

NPLs e impatto sul mercato del lavoro

Tempistiche di recupero crediti più brevi e importi riscossi più alti si tradurrebbero in ovvi ed evidenti benefici per l’impresa creditrice: una realtà aziendale contraddistinta da maggiore liquidità è senza ombra di dubbio meno vulnerabile e più propensa ad investire e creare nuovi posti di lavoro.

Inoltre, un’impresa in salute può ottenere crediti bancari e risorse finanziarie più facilmente e a condizioni meno onerose.

Questa catena di relazioni causa-effetto, con le sue ricadute propulsive sulla performance macro-economica di un sistema paese, è stata oggetto di studio anche da parte della Banca Mondiale. È emersa in modo piuttosto evidente la correlazione tra l’efficacia dell’attività di recupero crediti (a proposito: l’Italia impiega più tempo per la risoluzione di una pratica e registra una percentuale di recupero più bassa rispetto alla media dei paesi OECD) e le attività legate all’avvio di una nuova iniziativa imprenditoriale.

Non è tutto: le ripercussioni positive di un recupero crediti efficace in termini di salvaguardia di posti di lavoro non si ripercuoterebbero infatti sul solo soggetto creditore ma anche sui suoi fornitori e sui suoi clienti. Considerati i dati, è possibile affermare che l’attività di recupero crediti abbia contribuito a mantenere circa 150 mila posti di lavoro all’anno in Italia.

Nel complesso, i dati incrociati di UNIREC e della Banca Mondiale indicano in modo piuttosto chiaro come il recupero crediti possa giocare un ruolo di primo piano nel rilancio dell’economia, della fiducia delle imprese e del benessere per i cittadini.

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