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L’Italia, per quanto a trazione sovranista, non spingerà verso una Brexit no deal

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Alla luce di quanto accaduto questa settimana, con il secondo tentativo andato a vuoto da parte di Theresa May per farsi approvare l’accordo post Brexit, alcuni voci affermano che il governo italiano potrebbe porre un veto sull’estensione dell’articolo 50, forzando su una Brexit senza accordo.

Queste voci sembrano campate per aria, ma per un valido motivo. Gran parte delle entrate dell’Italia nascono dalla produzione e dall’agricoltura, esportando di tutto sul mercato del Regno Unito, dai pomodori alle televisioni. Questi produttori nostrani si trovano soprattutto nel Nord Italia. Siccome i voti della Lega provengono da questa area geografica, un Regno Unito che lasci l’UE senza accordo li potrebbe gettare in un generale tumulto.

Salvini non ha mai nascosto la sua poca simpatia per l’Europa Unita. Infatti, la campagna elettorale della Lega si è anche basata sull’ostracismo verso la politica economica e sociale di Bruxelles, troppo improntata su un’immigrazioni senza limiti e veti ferrei sulla spesa pubblica. Anche il Movimento Cinque Stelle, seppur in maniera meno ostica, ha manifestato i propri disaccordi verso l’UE.

L’ostracismo non si è poi tramutato in azioni effettivi, anzi. Durante i negoziati con la Commissione Europea per l’approvazione della manovra finanziaria, il governo ha prima ostentano fiducia sull’intenzione di aumentare il deficit per sostenere la spesa, per poi ridurre i propri propositi in base alle richieste avanzate dalla Commissione.

Detto questo, è evidente come entrambi i partiti alla guida dell’Italia si guardano bene a prendere rischi economici evitabilissimi, soprattutto dopo che il paese è ufficialmente entrato in recessione tecnica cinque mesi dopo il loro insediamento. Dopo tutto, secondo un sondaggio del 2018, il 44% degli italiani si è mostrato favorevole ad uscire dalla zona euro, mentre il 65% è contrario.

Una Brexit no deal è uno scenario spesso definito dal governo italiano “indesiderabile”. A parte l’evidente contraccolpo economico per le imprese italiane, va aggiunta l’incertezza in cui vivrebbero nel Regno Unito i circa 600.000 residenti italiani. Aggiungiamo a questo il diritto al voto nelle elezioni politiche italiane di queste persone.

Il numero di italiani nel Regno Unito è probabilmente uno dei motivi per cui l’Italia è stato il primo paese dell’UE a farsi avanti e garantire i diritti dei residenti britannici, almeno temporaneamente, in caso di Brexit senza accordo. Se il governo italiano fosse disposto a fare la prima mossa per aiutare a garantire simili assicurazioni ai propri cittadini del Regno Unito, perché ora negherebbe? Naturalmente, la risposta è che non sarà così. In fondo, i leader italiani non sono così stupidi.

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