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Ecco perché l’Italia viene considerata “la malata cronica d’Europa”

Negli ultimi dieci anni, l’Italia è diventata “la malata cronica dell’Europa” a causa di un’economia troppo vulnerabile che mina alla stabilità finanziaria all’interno dell’UE. Stime di crescita nel 2019 passate dall’1% allo 0,2%, debito pubblico in crescita di quasi l’1% e che ha raggiunto il 132,2% del PIL, recessione economica: cosa ha portato il paese a questo punto?

Secondo alcuni eminenti analisti, le cose stanno ancora peggio. La crescita dovrebbe essere pari a zero o addirittura di segno negativo a causa di una domanda interna bassa e di investimenti pubblici e privati in diminuzione. L’unica nota positiva per il PIL sono le esportazioni, che restano robuste. Ma questo elemento, da solo, non è in grado di sostenere l’economia italiana.

Il malessere economico non ha avuto una genesi recente, ma bensì affonda le sue radici nella storia del paese. Nei decenni passati, le istituzioni sociali italiane hanno funzionato poco e male (mancanza di uno stato di diritto e responsabilità politica), ostacolando di fatto la produttività, l’innovazione e, di conseguenza, la crescita.

All’indomani della secondo conflitto mondiale, il miracolo economico italiano si basava soprattutto sull’importazione di tecnologie produttive superiori dall’estero, Stati Uniti in primis. I difetti delle istituzioni italiane, in questa fase, non furono un ostacolo allo sviluppo.

Le cose presero una piega negativa negli anni ’70 e ’80, periodi in cui l’economia industriale si era completamente formata e sviluppata. L’urgente bisogno di istituzioni sociali solide che andassero a supportare le nuove frontiere tecnologiche e produttive, e di conseguenza lo stimolo all’innovazione e alla competitività, vennero a mancare.

Con l’avvento nel 1992 delle crisi economica e valutaria, questo vecchio modello di crescita, basato esclusivamente su fattori strutturali, quali la crescita della produttività, fece saltare tutto in aria. La successiva crisi del 2008 non ha fatto altro che infierire ulteriormente sull’economia italiana.

Da allora, nulla è cambiato né in termini di stimoli che di responsabilità politica. Basti pensare a quanto accaduto di recente, allorquando l’attuale governo Lega-Cinque Stelle, eludendo qualsiasi direttiva da parte di Bruxelles, intendeva approvare una Legge di Bilancio aumentando il deficit al 2,4%. Dopo serrate trattative, il governo si è limitato ad un 2,04%. Il problema, semmai, non è quanto budget ha l’Italia, ma come intende spenderlo. Su questo punto, gli analisti concordano che il paese lo stia facendo nel modo sbagliato, cercando di promuovere una presunta crescita piuttosto che affrontare le cause di questi problemi, ossia inefficiente spesa pubblica e incapacità istituzionale.

Mentre ci sono paesi che spendono in investimenti pubblici per aumentare la produttività, l’Italia ha pensato di riformare il sistema pensionistico, che aumenta la spesa di decine di miliardi di euro, per promuovere la crescita, purtroppo senza riuscirci. Il risultato di questa manovra è deprimerla, riducendo la disoccupazione e aumentando l’onere finanziario per le nuove generazioni.

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