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Segnali di una prossima crisi economica europea?

Anche questa volta l’Europa trascinerà l’economia globale verso una nuova crisi? Difficile dare una risposta esauriente, ma ci sono dei segnali inequivocabili. La BCE, in collaborazione con la Commissione europea e i politici, ha fatto delle scelte piuttosto opinabili ai primi rumori della crisi finanziaria, creando non pochi problemi ai cittadini europei. Disoccupazione dilagante, soprattutto quella giovanile, aumento della povertà e oneri del debito pubblico sempre più difficili da sostenere.

Allo stesso tempo, la debolezza interna dell’Europa ha ridotto la spesa per beni e servizi dai suoi partner commerciali i quali, invece, sono stati costretti ad assorbire il conseguente eccesso di capacità produttiva europea.

Intorno al 2015, l’Europa sembrava aver svoltato l’angolo. Nessuno dei problemi fondamentali era stato risolto, ma il panico finanziario si era fermato e lo stimolo monetario aveva cominciato ad avanzare. Il deprezzamento dell’euro, favorito dall’aumento delle esportazioni e il crollo dei prezzi del petrolio, ha contribuito a ridurre la spesa per le importazioni, sebbene la maggior parte della ripresa in Europa sia stata guidata dall’aumento della spesa interna per consumi e investimenti.

Tutto questo sembra finito. Gli ultimi dati ufficiali parlano di una zona euro con un tasso di crescita annuo il più lento degli ultimi quattro anni. Il prodotto interno lordo reale è cresciuto di appena l’1,2% nei primi nove mesi del 2018, mentre negli anni precedenti la crescita era stata ben diversa (2,7% nel 2017, 2,1% nel 2016, 2% nel 2015 e 1,6% nel 2014).

La cosa peggiore è che il rallentamento dell’Europa è guidato da una costante riduzione del tasso di crescita dei consumi privati, piuttosto che da una temporanea volatilità della spesa per investimenti o della bilancia commerciale. La spesa dei consumatori francesi sta crescendo al suo ritmo più lento dall’inizio del 2013. Il consumo italiano è piatto e rischia di ridursi a dismisura. La decelerazione della spesa privata è estrema in Germania, con il consumo che cresce al suo ritmo più lento dalla crisi finanziaria. La Spagna è la più forte tra le quattro grandi economie, ma anch’essa ha registrato un notevole rallentamento rispetto alla sua media abituale.

In ultima analisi, il consumo è ciò che rende redditizi gli investimenti aziendali; quindi, se i consumatori europei continuano a voltare le spalle, le imprese europee dovranno vendere di più all’estero oppure tagliare gli investimenti. Qualsiasi scelta sarebbe una cattiva notizia per il resto del mondo. I produttori oltre Europa perderebbero se i consumatori globali fossero costretti ad assorbire il troppo eccesso di produzione europea, mentre i tagli agli investimenti ridurrebbero la domanda europea di importazioni.

Intanto, la BCE, durante la riunione del 13 dicembre, ha confermato la fine del quantitative easing entro la fine dell’anno. Il prossimo passo è quello di iniziare ad aumentare i tassi di interesse, a partire dalla prossima estate.

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