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Tfr, azienda o fondo pensione? Arriva il compromesso “storico”

La contrattazione collettiva potrà definire la quota minima di Tfr da destinare alla previdenza complementare, e per di più, per i lavoratori disoccupati, diverrà più facile riscuotere sotto forma di rendita anticipata il capitale che è si è andato accumulando col tempo nel proprio fondo pensione. Al tempo stesso prenderà il via un tavolo di confronto per arrivare a una riforma definitiva del sistema previdenziale complementare, cosicché si possa evitare di ritornare a metterci mano praticamente ogni anno.

Sono queste le novità più importanti contenute nel disegno di legge sulla Concorrenza, approvato pochi giorni fa dal Senato e ora in dirittura d’arrivo alla Camera dei Deputati. Le modifiche varate in corso d’opera vanno incontro alle esortazioni della Covip con l’obiettivo di incrementare le adesioni alla previdenza anche tra le aziende con meno di 50 dipendenti, ancora oggi molto lontane dalle dinamiche che si sono aperte col mondo della previdenza complementare.

In pratica, con la modifica appena approvata, gli accordi collettivi di lavoro potranno stabilire quanta parte del Tfr in maturazione potrà andare a rimpolpare la previdenza complementare e quanta lasciarne invece in azienda: fino ad oggi (e tutt’ora, a dire il vero) c’era solo la possibilità di scegliere tra il Tfr in azienda e il Tfr in un fondo pensione, senza alcuna via di mezzo. La modifica, quindi, apre le porte a quello che di fatto è un possibile compromesso.

In ogni caso, la riforma approvata specifica anche che, in assenza di indicazioni chiare da parte della contrattazione collettiva circa la parte di Tfr destinata alla previdenza complementare, il conferimento continua a corrispondere al 100% del Tfr maturato annualmente.

Questo cambiamento, per quanto non definitivo, è comunque stato salutato positivamente da parte di molte frange di opinione pubblica e di parti sociali. L’apertura alla flessibilità, in sostanza, piace, soprattutto perché restituisce al lavoratore il diritto di decidere dei propri soldi (principio estremamente banale ma non affatto scontato in Italia).

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