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La crescita economica dalla crisi del 2007 fino ai giorni nostri

La crisi globale del 2007-09 ha segnato un momento spartiacque nella storia economica del mondo post-bellico. Prima, la maggior parte delle crisi finanziarie ed economiche si verificava nei mercati emergenti in Asia, America Latina e altrove. Mentre quelle crisi crearono una grande quantità di difficoltà economiche e sociali alle economie colpite, gli effetti di ricaduta su altre economie erano in gran parte limitati. Al contrario, la crisi globale che partì dagli Stati Uniti, la più grande economia del mondo e sede dei mercati finanziari più importanti, ebbe effetti incomparabilmente devastanti sul resto del mondo.

La crisi globale venne causata dai mutui subprime statunitensi, radicati nei colossali fallimenti del mercato immobiliare e finanziario del paese. Quella stessa crisi ha paralizzato i flussi di credito negli Stati Uniti e si è diffusa a macchia d’olio dall’Atlantico all’Europa, a causa della forte esposizione di molte banche europee ai mutui subprime statunitensi. Il principale canale di trasmissione della crisi ai mercati emergenti fu attraverso la riduzione degli scambi e la rottura dei flussi di capitale.

Attualmente è presente ancora un visibile rallentamento del ritmo di crescita globale dopo la crisi. In altre parole, gli effetti della crisi continuano a riverberarsi. Inizialmente, il rallentamento era più evidente nelle economie avanzate, dando origine alla nozione di un’economia globale a due velocità: mercati emergenti in rapida crescita e economie avanzate a crescita lenta. Tuttavia, negli anni più recenti, questa decelerazione si è estesa anche ai mercati emergenti, causando un rallentamento dell’economia mondiale nel suo complesso. L’effetto della crisi globale sulla crescita è quindi significativo e persistente. Inoltre, un certo numero di fattori strutturali ha contribuito all’indebolimento dell’economia mondiale dal 2008 in poi.

Ad esempio, la crescita della Cina si è moderata negli ultimi anni, in gran parte a causa di fattori strutturali come l’invecchiamento della popolazione, la convergenza verso l’alto reddito e il riequilibrio verso la richiesta interna. Soprattutto, l’invecchiamento della popolazione non è limitato alla Cina, ma rappresenta un ostacolo sempre più globale contro la crescita. Mentre la transizione demografica verso strutture di popolazione anziane era quasi esclusivamente una tendenza dei paesi ricchi, negli ultimi decenni si è diffusa nei paesi in via di sviluppo, inclusa gran parte dell’Asia.

Anche se è troppo presto per dire se la crisi globale continuerà ad abbassare la traiettoria di crescita mondiale, è stata finora un punto di svolta che ha avuto un profondo impatto sul panorama economico e finanziario. La domanda chiave è se la vulnerabilità e l’adeguamento agli shock siano cambiati in modo fondamentale dalla crisi ad oggi.

Sebbene questa domanda sia pertinente per tutti i paesi, è forse particolarmente rilevante per i paesi a reddito medio, alla luce della loro crescente integrazione nell’economia mondiale. Ad esempio, mentre gran parte del capitale straniero che scorre nei paesi a basso reddito è direttamente connesso all’aiuto estero e gli investimenti esteri diretti alle industrie delle risorse naturali, i paesi a reddito medio ricevono maggiori quantità di afflussi di capitale a breve termine potenzialmente volatile, rendendosi più vulnerabili agli shock.

Inoltre, gli strumenti politici e le istituzioni per far fronte ad essi tendono a essere meno sviluppati nei paesi a reddito medio rispetto ai paesi ad alto reddito. Quindi, alla fine, ciò che rivestono particolare interesse sono solo la volatilità e il livello di crescita.

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