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Rinuncia all’eredità, quando conviene e come regolarsi col Fisco

casaL’eredità è l’atto tramite il quale un soggetto riceve una determinata parte del patrimonio di un parente defunto. Tali beni possono consistere tanto in beni immobili, quanto in somme di denaro liquido, ma anche in titoli di Stato ed investimenti vari che la persona ormai morta aveva sottoscritto.

Cos’è la rinuncia all’eredità

La rinuncia, in questo senso, non è altro che la dichiarazione per mezzo della quale il soggetto destinatario manifesta la volontà di non ereditare quei beni anche se la legge gli conferisce il diritto di riceverli: la rinuncia è però valida se la si manifesta solo prima di conoscere l’ammontare del patrimonio che andrebbe in eredità, per cui è probabile che in alcuni casi questa scelta si riveli azzeccata (perchè magari il defunto ha lasciato più debiti che non crediti), mentre in altri può rivelarsi come una vera e propria fregatura (ovvero nell’ipotesi in cui il defunto dovesse aver lasciato parecchi beni o una consistente somma di denaro).

Per questo motivo la legge ha stabilito che l’atto di rinuncia avrebbe dovuto essere compilato prima di “aprire il testamento”, ossia proprio per evitare che da parte degli eredi potessero esserci speculazioni a non finire. Pertanto la qualità di erede o la si ha o la si perde prima di conoscere il contenuto dell’eredità.

Tuttavia nulla esclude la possibilità, da parte dei potenziali eredi, di fare una verifica sulla consistenza del patrimonio lasciato dal defunto: tramite l’aiuto di un notaio o di un avvocato si può indagare per controllare un po’ cosa era in effettivo possesso della persona defunta, verificando eventuali fallimenti o atti di pignoramento, estratti conto bancari, visure di immobili, dichiarazioni dei redditi e testamento.

Come comportarsi se il defunto lascia debiti in sospeso

Il motivo principale per cui una persona possa essere spinta a rinunciare all’eredità è data dal timore che il defunto possa in qualche modo aver lasciato in sospeso delle pendenze tributarie.

In questo caso l’Agenzia delle Entrate potrebbe far avere ai parenti del defunto la cartella di pagamento rimasta in sospeso, ma è naturale che se il beneficiario dovesse aver rinunciato all’eredità, tale cartella figurerebbe come del tutto illegittima (così come da sentenza n. 27093 della Corte di Cassazione). Nonostante ciò è probabile che il Fisco proceda ugualmente alla riscossione del tributo provando a raggiungere il primo ereditario e, nel caso di sua rinuncia all’eredità, a continuare col secondo ereditario e così via: in parole povere l’eredità o la quota di colui che ha rinunciato vengono devolute a favore della persona che è stata indicata come sostituta; mentre nell’ipotesi in cui questa indicazione non dovesse esserci, correrebbero in soccorso le norme sulla rappresentazione, quelle relative all’accrescimento o ancora, in extremis, la disciplina della successione legittima.

Detta in parole povere significa che l’eredità – sia nel bene che nel male – nel caso in cui non ci fossero altri successibili al di là di coloro i quali hanno espressamente rinunciato alla successione dei beni, verrebbe devoluta a coloro i quali spetterebbe nel caso in cui gli eredi diretti non ci fossero (quindi se un figlio rinuncia all’eredità del padre e non ci sono altri parenti diretti, o magari anche questi hanno rinunciato all’eredità, la palla andrebbe a finire nelle mani dei figli del figlio, ossia dei nipoti del defunto). E se pure questi non ci stanno o semplicemente non esistono? In estrema ipotesi l’eredità verrebbe devoluta allo Stato anche se solo nel bene, poiché l’ex art. 586 del codice civile parla espressamente di uno “Stato che non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati”.

Come si rinuncia all’eredità

La rinuncia all’eredità va fatta dinanzi ad un notaio tramite dichiarazione scritta ed ha un costo che è pari all’ammontare dell’imposta di registro, ossia 186 euro.

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